Le Famiglie d'arte contrarie alla proposta del Consorzio: serve una strategia di diversificazione in base al terroir
La riduzione generalizzata e indiscriminata della resa per ettaro da 50 a 45 quintali annunciata dal Consorzio di Tutela della Valpolicella, come rimedio alla sovrapproduzione di Amarone, non può considerarsi uno strumento efficace per riequilibrare la distorsione tra domanda e offerta degli ultimi anni. Il riposizionamento, per qualità e prezzo, del brand amarone, soprattutto sui mercati internazionali, impone l’applicazione di parametri produttivi diversificati in base alla vocazionalità del terroir; un valore ormai sacrificato dalla sovrapproduzione. E’ questa la posizione delle 12 Famiglie dell’Amarone d’Arte che, sull’annunciato provvedimento, torna a chiedere l’istituzione di un tavolo di confronto in nome dell’Amarone.
“Dal 2003 al 2011 siamo passati da 5.719 ettari vitati, di cui 2.917 nella zona classica e 2.802 nell’area Doc, a 7.247 ettari di cui 3.291 nella classica e 3.966 nella zona allargata. Questo ha comportato un’inversione produttiva che vede, oggi, prevalere la zona allargata, dominata dalle cantine sociali, rispetto a quella classica originaria dell’Amarone. Infatti allo stato attuale la resa della zona doc supera quella della classica di ben 10 punti percentuali: 55% (era al 49% nel 2003) contro il 45% (51% nel 2003)”. Così Stefano Cesari (Brigaldara), vicepresidente delle Famiglie dell’Amarone, interviene sul tema ripreso in questi giorni da diverse testate di settore. “Non si tratta di separare la zona classica da quella allargata – commenta Cesari – ma di distinguere tra vigneti più o meno vocati alla produzione di amarone. Ridurre trasversalmente e indistintamente la cernita significa incentivare, o comunque non contrastare, il fenomeno sovrapproduttivo che si è verificato a partire dal 2005/2006 che ci ha portato a oltre 13milioni di bottiglie di amarone. Oltre al fatto – prosegue il vice presidente – che il criterio unitario di riduzione della resa da 50 a 45 quintali non tiene conto della diversa incidenza dei costi produttivi tra collina e pianura”.
Per le Famiglie dell’Amarone, quindi, la doverosa politica di disincentivazione quantitativa deve essere calcolata e valutata, innanzitutto, in base al pregio del vino simbolo della Valpolicella che merita un riposizionamento di qualità e di prezzo. “Per fare questo – conclude Stefano Cesari, vice presidente delle Famiglie dell’Amarone d’Arte – proponiamo una strategia di contenimento del volume in base al terroir produttivo, che privilegi la collina con un aumento dal 50 al 60% delle rese di uva da amarone, e penalizzi pedecollina e pianura con rese portate rispettivamente al 40% e al 25%”.
Sul tema, qualche mese fa, il Corriere Vinicolo aveva messo faccia a faccia Sandro Boscaini, presidente delle Famiglie, ed Emilio Pedron, all’epoca presidente del Consorzio, i quali avevano convenuto sulla necessità di aprire un tavolo di confronto per tentare di ricucire le diverse posizioni all’interno del territorio. Ora starà al neopresidente Christian Marchesini affrontare e gestire la questione.
Fonte: Siquria
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