Il presidente Macri ha assicurato che la proposta di introdurre un’aliquota del 10% sui fermi e del 17% sugli spumanti non andrà al Congresso. Non si placano però le proteste dell’industria di settore su questioni salutistiche e d’immagine
Il progetto del governo argentino d’introdurre nella manovra finanziaria una tassazione su vino sembra essere stata per il momento accantonata. Il disegno di legge, volto a una più ampia riorganizzazione del sistema fiscale del Paese, prevede da subito un’aliquota del 10% sul vino fermo (su cui oggi non gravano imposte) e del 17% sui vini spumanti (oggi tassati al 12%); nel giro di tre anni poi anche l’aliquota sul vino fermo potrebbe crescere gradualmente fino al 17% (ne avevamo parlato qui).
Dopo le vive proteste da parte dell’industria di settore su cui già pesano anni di difficoltà legati al calo dei consumi, agli scarsi raccolti e all’”invasione” dello sfuso cileno, il presidente Mauricio Macri ha incontrato Alfredo Cornejo, governatore di Mendoza (la Provincia è la più importante regione di produzione vinicola dell’Argentina). Il colloquio tra i due politici, avvenuto lo scorso 9 novembre, sembra aver portato a un’inversione di rotta (lo si legge su Reuters e sul quotidiano argentino La Nation), tanto che Marci ha dichiarato che la proposta di tassazione sul vino non andrà al Congresso e che il suo governo scommette sul futuro dell’industria del vino.
Le dichiarazioni del presidente sembrano però non placare del tutto il malcontento. In un comunicato dell’11 novembre Bodegas Argentina denuncia che l’ipotesi di introdurre una tassa su vino e spumanti è basata sull’erronea convinzione che il vino sia un prodotto non salutare, rivendicando l’importanza del vino per l’economia del paese e l’impegno dell’industri di settore per un consumo responsabile.
FEB
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