In attesa della sentenza del Tar Lazio, prevista per fine ottobre e quindi a vendemmia ultimata, il Mipaaf si autotutela da possibili richieste di danni degli esclusi. Ma la Regione intanto ha bloccato gli impianti, per cui il problema si ripropone. E intanto si ragiona già sull’ampliamento della superficie
La lunga querelle sull’inserimento del comune di Asti si arricchisce di un nuovo (ma non definitivo) capitolo. Il 23 maggio è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto con cui il ministero delle Politiche agricole sancisce l’inserimento del comune e dei suoi potenziali 80 ettari massimi nella zona di produzione della Docg omonima. Il provvedimento, che giunge dopo il parere favorevole reso dal Comitato nazionale vini, modifica in sostanza il disciplinare approvato il 21 novembre 2011, che non aveva compreso il comune, e fa espresso riferimento a una delibera del Tar Lazio attesa per il 24 ottobre 2012, che dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dall’azienda Castello del Poggio, di proprietà della Zonin, che ha sede nel territorio comunale.
Nelle premesse al decreto, il ministero spiega che il provvedimento è stato preso in via di autotutela, considerando che il Tar ha già emesso un’ordinanza cautelare di sospensione del disciplinare, in cui spiega che il ricorso dell’azienda “appare assistito da sufficiente fumus boni iuris, in particolare laddove la ricorrente lamenta un difetto di motivazione del provvedimento impugnato”. Considerando però che il Tar emetterà la sentenza definitiva in una data successiva alla vendemmia 2012, il Mipaaf ha inteso cautelarsi da eventuali richieste di danni da parte di Castello del Poggio: “In attesa del definitivo pronunciamento del Tar Lazio – recita il decreto nelle premesse – anche per la prossima vendemmia 2012 si dovrebbe applicare il disciplinare di produzione che esclude parte del territorio del Comune di Asti dalla zona di produzione, arrecando così un grave pregiudizio economico alla ditta ricorrente, la quale potrebbe legittimamente richiedere al ministero il risarcimento per i danni economici arrecati; analogamente altre ditte interessate alla produzione dei vini Asti potrebbero vantare gli stessi diritti riguardo alla mancata applicazione per la prossima vendemmia di alcune modifiche tecnico-produttive inserite nel disciplinare con il decreto 21 novembre 2011”.
La questione dell’ampliamento
Questione conclusa? Non proprio. Se Asti fino al 24 ottobre di quest’anno è formalmente dentro la zona di produzione, ad aggiungere ulteriore attrito a una faccenda che si trascina ormai dal 2008 è intervenuta la Regione Piemonte, che con una delibera di giunta del 14 maggio ha posto il blocco delle iscrizioni allo schedario viticolo della Docg, misura aggiuntiva alla già vigente sospensione del reimpianto vigneti. In sostanza, i 20 ettari già in produzione nel comune, non essendo iscritti formalmente all’Albo e non potendolo fare visto il blocco, non potranno rivendicare nel 2012.
Quando allora il comune di Asti diventerà “effettivo”? A meno di altri colpi di scena, e se il Tar darà definitivamente ragione a Castello del Poggio, la data più papabile è il 2013, quando il Consorzio avrà presentato alla Regione il piano triennale di ampliamento graduale della base produttiva, che fa perno su un accordo di massima all’interno di tutte le categorie. E’ da tempo infatti che si discute su un ampliamento del potenziale, data la grande richiesta di Moscato proveniente da alcuni mercati, in particolare gli Stati Uniti. Il Consorzio sta ragionando sui numeri, da spalmare su un arco temporale di un triennio, di cui circa 300 ettari per il primo anno.
Come verranno scelti i criteri di ammissione? In linea di massima, dovrebbero essere di due tipi: una quota, pari a circa 100-150 ettari, sarebbe quella riveniente dal recupero delle superfici risultate irregolari dopo l’allineamento dello schedario rispetto agli ettari certificati (naturalmente, qui per irregolarità si tratterebbe di piccole superfici, il cui sfasamento è stato dovuto al diverso sistema di rilevamento adoperato); mentre gli altri verrebbero assegnati a chi ha già vigneti in produzione da un certo numero di anni. In questa ultima quota, dovrebbero legittimamente rientrare anche i 20 ettari produttivi del comune di Asti (sempre se reintegrati per sentenza del Tar).
Questo a meno di ulteriori sorprese, che non sono escluse visto che la Regione a oggi ha sempre sostenuto le tesi di chi voleva il comune fuori dalla zona di produzione. “Ribadisco nuovamente la ferma posizione della Regione Piemonte in questa circostanza, la scelta di lasciar fuori il Comune di Asti è stata presa seguendo un percorso legale all’interno dell’unico organo legittimato moralmente a farlo: la commissione paritetica”. Così l’assessore all’Agricoltura Claudio Sacchetto commentava la decisione dell’Associazione produttori Moscato d’Asti di fare ulteriore ricorso all’ordinanza sospensiva del Tar Lazio su cui si basa il decreto di riammissione del ministero.
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