Prosegue il dibattito aperto recentemente sul Corriere Vinicolo n°20: è davvero positiva la tendenza a ricercare barbatelle il più possibile esenti da qualsiasi presenza microbica, fino ad avvicinarsi al concetto di sterilità? La parola, questa volta, al mondo della ricerca
“La sanità delle viti dipende non solo dalle selezioni clonali e sanitarie e dalla tecnica vivaistica, ma anche dall’ambiente di coltura, dallo sfruttamento delle piante e dagli equilibri biologici cui il vigneto è sottoposto”. Questa la dichiarazione di Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura alla Cattolica di Piacenza, che insieme ad altri esponenti del mondo della ricerca interviene nel dibattito sull’opportunità di ricercare in maniera sempre più spinta la sanità delle barbatelle, fino al limite della sterilità, aperto recentemente sul Corriere Vinicolo. Secondo recenti studi, la sterilità assoluta può essere paradossalmente dannosa, anche perché in natura non esiste. Come per l’uomo anche per la pianta infatti i microbi sono fondamentali per “insegnare” al sistema immunitario a tenere le proprie risposte sotto controllo senza scatenarsi invece contro sostanze in realtà non nocive. Inoltre è sempre bene ricordare, afferma Maurizio Boselli, ordinario di Viticoltura all’Università di Verona, che “la convivenza tra virus e pianta di vite è millenaria, ma non si è mai smesso di produrre uva e vino a causa dei virus”.
Articolo completo di Matteo Marenghi sul Corriere Vinicolo n°26, 2 luglio 2012
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