Mercato afflitto da apatia, nel primo trimestre guadagnano solo cileni e francesi. Mentre sono mazzate pesanti per portoghesi e argentini. L'Italia limita i danni, bene invece la commercializzazione dei vini locali
C’è qualcosa di assai strano (e potenzialmente inquietante) nella tabella delle importazioni di vino in bottiglia del Brasile per il primo trimestre: il mercato, a giudicare dalle performance in ribasso dei principali fornitori, sembra dare segni di ingolfamento. Esclusi cileni (+11% e inarrivabili primi) e francesi (+62%, percentuale clamorosamente alta, anche a giudicare dal prezzo medio balzato del 31%, a 9 dollari al litro), i dolori sono tanti per argentini (valori ridotti di un terzo), portoghesi (-14%), e giù giù per australiani e sudafricani.
L’Italia per ora regge, limitando al -2% il calo a valori, ma con un -11% sui volumi, mentre i veri outsider di questo inizio anno sono gli americani, che vedono balzare le esportazioni del 100%, con un prezzo medio salito del 40%, a 5 dollari.
A oggi non abbiamo dati a sufficienza per dire se si tratti di un fenomeno temporaneo o destinato ad acuirsi nel corso dell’anno. Di certo vi è che i brasiliani stanno tra quelli che sono in buona salute: nel primo trimestre, sono stati commercializzati 42 milioni di litri di vino da tavola (dove vi è anche il vino fatto da vitis non vinifera, +4%) e e 2,7 milioni di litri di vini “fini”, vini nel vero senso della parola, con un aumento annuale del 14%.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Ministero del Commercio brasiliano
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