Nella primaassemblea del 2017, il network europeo ha presentato i risultati dell'indagine realizzata nel 2016. E se il settore per molti versi ha reagito bene all'abolizione dei sostegni agli spirits di origine vitivinicola, ha bisogno di messaggi forti da parte dell’Ue affinché le distillerie possano realmente recitare il ruolo “ambientale” che è loro riconosciuto e che è stato all’origine del mantenimento degli aiuti alla trasformazione e valorizzazione di fecce e vinacce
Si è riunita a Roma l’Assemblea di WiDEN, il network europeo delle distillerie vitivinicole gestito da Bertagni Consulting srl. Hanno partecipato delegazioni da Portogallo, Spagna, Ungheria, Francia, Romania e Italia. Il direttore di WiDEN, Marco Bertagni, ha presentato uno studio portato avanti nel 2016 dal network attraverso interviste ai k-player del settore a livello continentale.
Ne è venuto fuori un quadro in chiaro-scuro. Il settore per molti versi ha reagito bene allo chock del 2008 – abolizione dei sostegni agli spirits di origine vitivinicola – ma ha bisogno di messaggi forti da parte dell’Unione Europea affinché le distillerie vitivinicole possano realmente recitare il ruolo “ambientale” che è loro unanimemente riconosciuto e che è stato all’origine del mantenimento degli aiuti alla trasformazione e valorizzazione di fecce e vinacce. Non basta che ci sia l’obbligo di consegna in distilleria dei sottoprodotti da parte delle aziende vinicole – sostiene WiDEN – è necessario che gli usi alternativi alla distillazione siano soggetti agli stessi controlli che vengono effettuati in distilleria. La mancanza di pari condizioni crea, da un lato, evidenti distorsioni concorrenziali tra distillerie e, ad esempio, aziende che producono energia da biomassa e, dall’altro, non garantisce affatto il raggiungimento dell’obiettivo principale dell’Unione Europea che è quello di evitare la sovrapressione delle vinacce e quindi comportamenti fraudolenti nel settore. In nessuna destinazione che non sia quella delle distillerie, infatti, sono previsti controlli sul grado alcolico in entrata delle vinacce che possono dunque essere facilmente sovrapressate se non avviate in distilleria.
Molte preoccupazioni emergono tra le distillerie vitivinicole europee con riguardo alle pesanti normative tecniche che affliggono il settore, REACH in primis con la novità – che WiDEN sta cercando di scongiurare con forza – del contenuto massimo dello 0,6% di metanolo negli alcoli industriali (il regolamento 110-2008 per certe acquaviti di frutta prevede un contenuto di metanolo dello 0,9%…). Il 68% degli alcoli vitivinicoli viene destinato a usi industriali e fuel: si capisce bene la delicatezza di questo dossier per le aziende del settore.
Un altro tema caldo è quello dell’acido tartarico e del tartrato di calcio. La procedura anti-dumping nei riguardi della Cina portata avanti da alcuni produttori europei di acido tartarico non è andata a buon fine. Si continua a importare acido tartarico sintetico dalla Cina e poi se ne perdono le tracce. La soluzione del problema non va forse cercata solamente alla fonte.
Non meno importanti i problemi legati alla destinazione umana degli alcoli da vino e da sottoprodotti del vino. Qui i nodi principali sembrano essere la scarsa tracciabilità dell’origine agricola degli alcoli importati, la loro complessa classificazione doganale, le disparate e fantasiose applicazioni delle procedure di invecchiamento delle acquaviti e, da ultimo, la scarsa proporzionalità tra comportamenti fraudolenti e sanzioni.
Devi essere connesso per inviare un commento.