Nuovi materiali e nuove tecniche cambiano, ampliandole, le opportunità di scelta al momento di impiantare una vigna. Occorre però sempre partire dalle opzioni enologiche perseguibili nell’area
Di Matteo Marenghi
Le scelte pre-impianto sono cruciali perché poco o nulla modificabili durante tutta la vita del vigneto. “Occorre sempre partire – ha introdotto Rosario Di Lorenzo dell’Università di Palermo – dalla vocazionalità del sito, ma rivedendo le nostre convinzioni perché molto è stato modificato dalle mutazioni climatiche in atto, per poi affrontare le sistemazioni del suolo, le combinazioni di innesto e il ruolo dei cloni, la durata degli impianti…”
Prima di scalfire il terreno per mettere a dimora barbatelle e pali occorre però contestualizzare l’impianto non solo dal punto di vista geopedologico, ma anche degli orizzonti economici legati ai vini producibili. “Oggi, a fronte di un costo d’impianto che varia da 23.000 a poco meno di 30.000 euro ad ettaro, a seconda delle opzioni, – ha spiegato Enzo Corazzina, agronomo consulente – occorre quindi ben ponderare i modelli viticoli da adottare nelle zone che hanno orizzonti produttivi ed economici alquanto differenziati”.
Innovazioni nelle disponibilità di portinnesti …
Una volta deciso di impiantare, tanto vale partire dalle radici. Fondamentale è infatti la scelta del portinnesto, per la sua capacità di influenzare quantità e qualità dell’uva, la fenologia, l’adattabilità a suolo e clima. “Le nuove esigenze vitienologiche sono tantissime – ha proseguito Lucio Brancadoro dell’Università di Milano – ma il range dei portinnesti in uso è spesso assai datato, massimamente ottenuto nei primi anni del ‘900. Per questo abbiamo voluto creare nuovi portinnesti, ottenuti con la tecnica del back-cross reincrociando alcuni classici portinnesti con Vitis berlandieri. Si tratta dei portinnesti della serie M, di cui 4 (M1, M2, M3, M4) già omologati. Abbiamo provato gli M in varie regioni italiane e su diverse varietà, verificando buone risposte in quanto a resistenza alla siccità, produttività, nutrizione minerale”. All’interno dei portinnesti serie M – la cui moltiplicazione e commercializzazione è stata affidata ai Vivai cooperativi Rauscedo – si possono quindi scegliere portinnesti con performance diverse per esigenze diversificate. Ad esempio l’M4 ben si adatta alle situazioni di stress idrico, facendo reagire anche la marza con una chiusura degli stomi che limita la perdita di acqua per traspirazione dalle foglie.
… e delle barbatelle
Cambia anche la disponibilità di barbatelle con l’arrivo sul mercato – come ha spiegato Antonino Pisciotta dell’Università di Palermo – del barbatellone, opzione che può contribuire a una migliore uniformità dell’impianto. Il barbatellone è una barbatella innestata la cui marza è molto più alta del normale (80-100 cm) e che entra in produzione l’anno stesso dell’impianto. A fronte di una semplificazione del lavoro del viticoltore ci sono però alcune problematiche legate al suo ottenimento in vivaio, dove servono particolari estirpatori ed occorre modificare le modalità di raccolta, confezionamento e trasporto. Vanno anche messe a punto le migliori distanze sulla fila in barbatellaio (da prove sono risultati ideali 18 cm come compromesso fra vigoria ed altezza desiderate). “Una volta impiantate in vigneto – ha precisato Pisciotta – si schiudono tutte le gemme sul tratto verticale e con operazioni di scacchiatura vanno preservati solo i germogli idonei; già nell’anno dell’impianto si ottengono una discreta produzione di uva ed una corretta lignificazione. Al secondo anno la parete vegetativa dell’impianto è completa. Oltre che per impianti ex novo il barbatellone si presta ottimamente al rimpiazzo delle fallanze (soprattutto per sostituire al secondo anno le barbatelle tradizionali non attecchite, coetanee)”. Va tuttavia sottolineato che le tradizionali trapiantatrici non sono adeguate ed occorre quindi, anche in fase di impianto ex novo con barbatellone, procedere ad effettuare le buche per la messa a dimora con trivella o piccoli scavatori, oppure all’impianto manuale con forcella. Con adeguate modifiche alla tradizionali trapiantatrici però e facile prevedere una prossima totale meccanizzazione.
Le trapiantatrici “intelligenti”
Dall’impianto con forcella, ancora utilizzato soprattutto su piccoli appezzamenti o in situazioni di bassa accessibilità con le macchine, alla trapiantatrice meccanica, il passo è notevole. Ma cosa realmente cambia, dal punto di vista agronomico ed operativo? “Le barbatelle impiantate con trapiantatrice meccanica – ha riferito Pietro Catania, dell’Università di Palermo – hanno mostrato un migliore sviluppo (l’apparato radicale della piantina utilizzabile è molto più sviluppato rispetto a quello per l’impianto manuale), anche se dopo un anno non erano più visibili differenze significative fra i due vigneti. Si è notata anche una minore infestazione nelle porzioni a trapianto meccanico in quanto il vomere assolcatore aveva asportato le erbe in germinazione. Per contro la macchina ha limiti in suoli argillosi e umidi ove occorre attendere una perfetta praticabilità di campo. È stato confrontato anche il sistema di messa dimora dei pali con o senza ausilio del GPS. Nei due cantieri realizzati non si è verificata una differenza sostanziale di costo, quindi appare preferibile l’impiego del GPS perché poi si può più facilmente intervenire con sistemi di precisione. Inoltre, la rilevazione con GPS del vigneto permette di conoscere in modo anticipato tutte le esigenze in termini di pali, fili, barbatelle, e di avere un impianto con pali perfettamente allineati e verticali.
Come ha spiegato Giuseppe Baldessin, dello studio associato Evoluzione Ambiente, anche nell’utilizzo del GPS in fase di progettazione vi sono diverse opzioni. “Ad esempio noi – ha spiegato – pratichiamo un sistema con due GPS, uno che rimane a bordo campo e uno che si muove per rilevare l’area, e ciò dà una maggiore precisione dei rilevi. Infatti, la sorgente GPS mobile, portata a spalla dall’operatore, rileva confini, piante, ostacoli, strade, con precisione centimetrica, garantendo una progettazione dell’impianto molto più accurata. Il tutto viene poi riportato su di un file che proietta l’impianto, con i suoi filari ed ostacoli, su Google Earth, permettendo la stima esatta di tutti i parametri del vigneto, sia in termini di materiali da impiegare che altro. Ovvero pali, barbatelle, fili assolutamente riportati sulla superficie reale del vigneto, evitando così anche incomprensioni con albi vigneti, controlli e verifiche di ogni genere. Ciò che si ottiene alla fine è un file di progetto che viene inserito nel computer di bordo delle macchina (sia la trapiantatrice che la posapali, …) per realizzare l’impianto del vigneto. Non solo si possono progettare e realizzare filari perfettamente paralleli e diritti ma anche andamenti curvilinei (ad S, a doppia S), per assecondare esigenze di terreno o meramente estetiche”.
Altri contributi sulla stessa tematica sono stati portati da Aldo Calcante dell’Università di Milano, che ha parlato di trapianto automatico di barbatelle ad alta accuratezza. Oggi la macchina trapiantatrice utilizza un sistema di posizionamento al laser per garantire un perfetto allineamento trasversale. Un sistema innovativo ha permesso di sostituire il laser con un dispositivo GPS e di eliminare anche il cavo di acciaio (sostituito da un motore idraulico), permettendo quindi l’impiego di meno mano d’opera sul cantiere. Così si evita di fare preliminarmente la squadratura del campo (realizzata automaticamente con GPS contestualmente all’impianto). In generale quindi il sistema innovativo è risultato efficace e corretto, e con una richiesta inferiore di mando d’opera (3 uomini anziché 4). La convenienza economica dell’impiego di questa macchina scatta dai trenta ettari all’anno in su, superficie assolutamente padroneggiata da qualsiasi terzista.
Qui la playlist con le interviste agli operatori e ai referenti scientifici che hanno partecipato alle varie sessioni di Enovitis Business
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