Primi a volumi, secondi a valore, dietro una Francia che ci lascia a distanze siderali. Cresciamo troppo poco, con prezzi medi da quasi ultimi della classe. Solo la Spagna fa peggio di noi
Nella classifica dei big exporter mondiali, ci sono alcune conferme rispetto all’analisi fatta l’anno scorso, e ci sono alcune novità.
Le conferme sono ai primi tre posti, dove la Francia troneggia dall’alto dei suoi 6,6 miliardi di dollari di fatturato export sul prodotto confezionato sotto 2 litri. Dietro, a un paio di miliardi siderali di distacco, l’Italia, che si vede erodere la crescita del 6% misurata in euro per via dell’apprezzamento del dollaro sulla moneta europea occorso nel 2012 (+8%): a valori, quindi, registriamo una perdita in dollari di un centinaio di milioni. Terza la Spagna, che avendo registrato una crescita in euro più rosusta della nostra (+8%, in linea con il cambio), vede mantenere pressoché invariato quel miliardo e 800 milioni di export incamerato.
La grande novità è il Cile, che pur rimanendo sostanzialmente stabile tra 2011 e 2012, grazie all’ennesima erosione di fatturato australiana balza al quarto posto. La miglior performance a valori è quella della Nuova Zelanda (+9%), mentre continua la pesante perdita di valore delle bottiglie sudafricane, in passivo del 12%.
Quella esposta nella tabella è invece la situazione dei prezzi medi dell’export confezionato. Rispetto al 2011, registriamo per l’Italia il sorpasso da parte dell’Argentina, ormai prossima ai 4 dollari al litro (teniamo a mente che per omogeneità dei dati dei vari Paesi sono stati inclusi tutti i vini confezionati, sull’imbottigliato Buenos Aires è già sopra ai 4 dollari). Quello però che deve far riflettere è che mentre il nostro andamento è piuttosto da trotto (in sette anni abbiamo guadagnato una settantina di centesimi), altri invece sono al galoppo: non solo la Francia, che di dollari ne ha incamerati 2, ma anche Usa e Cile. Siamo in compagnia della Spagna, altro big producer che sul valore dell proprie produzioni proprio non riesce a schiodarsi dalla miseria dei 2 dollari al litro.
La situazione di crescita del valore del prezzo medio è sintetizzata nel grafico, che abbraccia un periodo ancora più lungo, dal 2003 al 2012, esprimendo la crescita in Cagr % (tasso di crescita composto annuo, si usa in finanza per misurare il ritorno di un investimento in un dato periodo). Siamo nel fondo della classifica, e una delle spiegazioni possibili è che su quei mercati nuovi e nuovissimi la nostra presenza è ancora fondamentalmente turistica (qui i pesi dei continenti sul nostro export).
Un inciso finale. Ovviamente, l’Italia è prima nella classifica a volumi, ma questo invece di far gioire dovrebbe indurre a serie riflessioni.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Istituti di statistica, Dogane e associazioni di produttori dei vari Paesi
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