Sfiorati i 28 milioni di litri (+4%). Ma il giro d’affari scende sotto i 600 milioni di dollari locali. Bene le cantine italiane (+11% a volume)
Un andamento a due velocità nel 2012 per l’import vinicolo di Singapore. Con un bilancio positivo nei volumi, cresciuti di oltre il 4% su base annua, ma un esito deludente nei corrispettivi monetari, che hanno subito al contrario una limatura dell’1,6% rispetto al 2011. Tra vini e mosti, spumanti inclusi, sono approdati nella Tigre asiatica poco meno di 28 milioni di litri, dato che lascia agli annali un nuovo record assoluto, dopo i 27 milioni sfiorati nel 2011. La caduta del prezzo medio unitario dei prodotti importati (-5,5%) ha però ridimensionato il valore delle importazioni enologiche a poco più di 592 milioni di dollari di Singapore (Sgd) – corrispondenti al cambio medio del 2012 a poco meno di 369 milioni di euro – contro gli oltre 600 milioni rubricati nel 2011. Gli imbottigliati, relativamente ai volumi, continuano a rappresentare il grosso delle importazioni di Singapore con il 65% di incidenza, contro il 32% degli spumanti e il 3% residuo dei vini sfusi. Al 51% la quota delle bollicine in valuta, mentre i confezionati partecipano al valore delle importazioni vinicole con il 48%, lasciando agli sfusi appena l’1%.
Le due diverse facce della medaglia emergono anche dai dati disaggregati per tipologia di vini importati. Qui si segnala però come le bollicine, che hanno superato l’anno scorso il valore delle importazioni degli imbottigliati (il dato in questo caso è riferito al solo comparto dei fermi), hanno potuto sperimentare una crescita del 3,7%, portandosi oltre la soglia dei 300 milioni di Sgd. Relativamente ai volumi, è ancora il comparto degli spumanti a esplicitare nelle cifre 2012 il miglior risultato, con un balzo in avanti dell’11%. Una performance che ha spinto il dato fisico delle importazioni al primato assoluto di 9 milioni di litri.
Top ten exporters
La Francia mantiene il primato assoluto delle forniture enologiche, concentrando il 45% dei volumi complessivamente importati dal Paese asiatico e quasi il 70% del corrispettivo giro d’affari. Nelle risultanze quantitative dietro Parigi si posizionano Australia e Cile, seguiti da Italia, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Il dato monetario delle importazioni assegna il secondo miglior piazzamento ancora a Canberra, ma il terzo gradino del podio in questo caso è occupato dall’Italia che precede a sua volta Regno Unito, Nuova Zelanda e Usa. Rispetto alla media generale le cantine italiane hanno mostrato una performance migliore, considerando che tra il 2011 e il 2012 le esportazioni vinicole tricolore hanno fatto segnare a volume un progresso di oltre l’11%, contro il più 4,5% della Francia e il meno 11% dell’Australia. Meglio hanno fatto solo gli esportatori cileni che a Singapore sono riusciti a inviare l’anno scorso il 20% in più dei quantitativi 2011.
L’evidenza statistica restituisce al contrario un esito negativo comune a tutti i principali fornitori per quanto attiene al dato monetario, con perdite complessivamente modeste per Parigi (-1,1%), ma più evidenti per le etichette australiane e italiane, con riduzioni rispettivamente del 6 e di oltre il 7% su base annua.
Sul circuito delle bollicine emerge con chiara evidenza il predominio d’Oltralpe (il 92% delle importazioni fisiche è di marca francese), con l’Italia a parecchie spanne di distanza al 4% di quota, seguita dall’Australia con un altro 2,5%. Meno sbilanciate le quote sul mercato dei vini fermi imbottigliati. L’Australia con il 27% dei volumi complessivamente importati da Singapore, precede la Francia al 24% di quota. Seguono all’11% il Cile e all’8% l’Italia. L’evoluzione premia sia le cantine italiane che quelle cilene, con progressi da un anno all’altro del 14 e di oltre il 20 per cento. Segnano il passo, al contrario i vini australiani (-9%) in un’annata con il freno tirato anche per le etichette d’Oltralpe che in dodici mesi hanno sperimentato un calo di oltre il 5%.
Quanto agli incassi, tutti i “big”, sempre relativamente agli imbottigliati, hanno perso terreno rispetto al 2011. La Francia ha ceduto l’11% e l’Australia il 6,5%. Pesante il dietro front per gli esportatori britannici, con un meno 20% abbondante, mentre l’Italia ha visto il giro d’affari ridursi di oltre l’8%, a 18,3 milioni di Sgd, contro i 115 milioni di Parigi e i 64 di Canberra. In controtendenza Nuova Zelanda, Stati Uniti e Cile, ma anche Germania, Spagna e Argentina. Paesi che oltre a consolidare i volumi esportati sul mercato di Singapore hanno potuto beneficiare, negli ultimi 12 mesi, di un’ottima performance monetaria, suggellata da tassi di crescita quasi tutti a due cifre.
Per quanto attiene agli sfusi, gli Usa, nonostante il calo delle spedizioni (-12% in quantità), mantengono il primato con il 50% di quota. Perde quasi il 70% dei volumi 2011 l’Australia, a vantaggio dei vini tedeschi (+30%). Male anche l’Italia (-20%), che in valuta limita però le perdite a circa 3 punti percentuali. Negli incassi, seppure con un meno 9%, resta leader la Francia, seguita da Usa (+4,5% rispetto al 2011) e Germania, che ha più che triplicato nel 2012 il giro d’affari legato alle vendite di sfusi. Crolla il fatturato di Canberra, ridimensionato del 70%, mentre avanzano i vini argentini (+19%), grazie anche a una crescita, seppure modesta, delle spedizioni fisiche (+2% circa).
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