Secondo la professoressa Huiqin Ma, la Cina rimarrà a lungo soprattutto un paese importatore: le condizioni climatiche e le tecniche della viticoltura locale permetteranno una crescita del settore vitivinicolo solo nel lungo periodo
Lo straordinario e repentino sviluppo dell’economia e dell’industria cinese è spesso fonte di preoccupazione per i mercati di tutto il mondo, tuttavia, per quanto riguarda il settore della produzione di vino sembra che si possa rimanere tranquilli ancora a lungo. La Cina, che secondo quanto stimato da diversi osservatori internazionali sarà presto tra i primi importatori mondiali di vino (abbiamo parlato qui delle previsioni in merito fatte dall’ICEX spagnolo), rimarrà soprattutto, appunto, un paese importatore più che un produttore di vino.
A settembre, rispondendo alle domande di un giornale argentino (ne abbiamo parlato qui), Huiqin Ma, professoressa del dipartimento di Scienze dell’albero da frutto presso la China Agricultural University e Vice Segretario Generale della Chinese Society of Viticulture, aveva parlato di una futura crescita della produzione vinicola locale, condizionata, tuttavia, da fattori legati alla disponibilità di terre coltivabili a vite e di acqua.
Intervenendo l’8 novembre alla Wine Indusrty Conference tenutasi nella cornice della Hong Kong Wine Fair, l’autorevole ricercatrice è tornata sull’argomento spiegato alcune delle ragioni per le quali nel suo paese il mercato del vino sarà ancora per molto tempo dipendente dalle importazioni.
Le difficili condizioni climatiche di gran parte delle regioni vinicole cinesi obbligano i produttori ad adottare tecniche specifiche che condizionano la crescita del settore. Durante la stagione invernale, ad esempio, per far fronte al freddo, i viticoltori attuano la tecnica del seppellimento delle viti, sistema poco noto in Europa ma adottato anche in alcune regioni fredde del nord degli Stati Uniti e del Canada. Si tratta di coprire le piante, subito dopo la potatura, con una coltre di terra a protezione del freddo per poi riscoprirle a primavera. Questa tecnica presuppone sforzi enormi e tempo, tanto più che, per arrivare a completare il lavoro prima dell’arrivo del gelo, si deve operare di corsa in seguito a quello che, con la raccolta, la pigiatura e le prime fasi di produzione del vino, è probabilmente il periodo più impegnativo nella catena di produzione vitivinicola. Inoltre, per non compromettere il risveglio primaverile della pianta, dopo l’inverno si deve di nuovo operare velocemente al disseppellimento.
Secondo le stime l’intero processo di seppellimento e disseppellimento delle viti conterebbe economicamente per il 35-40% nelle pratiche di viticoltura in Cina. Queste operazioni sono, infatti, fatte soprattutto a mano e vi è, pare paradossale nel paese più popoloso del mondo, una carenza di manodopera disponibile perché i giovani cinesi sempre più lasciano le campagne per trovare lavori maggiormente remunerativi nelle industrie delle città. A ciò si aggiungano, come diverse volte ricordato in passato da Huiqin Ma, le difficoltà di approvvigionamento idrico per l’irrigazione, soprattutto nelle regioni particolarmente secche del nord-ovest del Paese.
La necessità di sforzi così ingenti, prendendo a prestito un termine caro a chi nel nostro paese pratica viticoltura montana, rende “eroica” certa viticoltura cinese ma mette al riparo, almeno per i prossimi anni, da uno sviluppo repentino della produzione vinicola. Per lungo tempo dunque la Cina sarà “in generale, un importatore piuttosto che un produttore di vino” rimanendo, vista la crescita dei consumi nel Paese, un luogo di opportunità per i produttori di tutto il mondo.
FEB
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