Nel documento fornito al Consiglio, la Commissione - oltre a tratteggiare un bilancio positivo dei primi quattro anni - punta il dito su alcune storture che vanno necessariamente corrette. Nel mirino, alcune pratiche enologiche, come la dealcolazione, ma soprattutto il rapporto tra vitigno e Dop-Igp nell’etichettatura
I prossimi anni andranno incontro a importanti cambiamenti nell’Europa del vino. Dopo una fase di assestamento rispetto alle novità introdotte dall’Ocm, novità che hanno interessato soprattutto la parte produttiva, sottoposta a profondo restyling tra estirpazioni con premio e abbandono delle misure di sostegno, il pacchetto di finanziamenti sta evolvendo verso le misure che dovrebbero dare spinta propulsiva da una parte all’ammodernamento in vigneto e cantina (ristrutturazioni e investimenti), dall’altra alla commercializzazione (promozione Paesi terzi), con budget allocati che – al netto di interventi sulla Pac – permetteranno di avere uno scenario abbastanza chiaro e delineato: si investe per vendere meglio.
Ma la Commissione europea non è mai ferma. E sta già lavorando alle possibili evoluzioni della normativa, proprio alla luce di un bilancio Ocm che – pur positivo, nonostante i rilievi della Corte dei conti – necessita di qualche restyling, più o meno profondo. Dopo aver sgrossato, si lavora su quelli che potrebbero essere ritenuti dettagli ma che a guardarli bene dettagli non sono. Nei giorni scorsi, il commissario Dacian Ciolos – come previsto dall’Ocm – ha presentato al Consiglio dei ministri dell’agricoltura europei un documento di sintesi in cui delinea ciò che è stato e ciò che è necessario intraprendere nel futuro alla luce delle criticità emerse nell’applicazione di alcune misure.
Le elenchiamo sinteticamente.
Ristrutturazione. Bilancio positivo, circa il 10% della superficie europea (oltre 305.000 ettari) è stato sottoposto a questa misura. Urge però definire meglio certe operazioni, in modo da evitare che si tramutino in qualcosa che spinga verso rese più alte, e migliorare le tecniche di gestione delle vigne, oltre a implementare operazioni colturali cosiddette “green”, tese a risparmiare energia. Si rifletterà anche sui premi, in modo da avere criteri omogenei e soprattutto adeguati.
Promozione. La Commissione intende aumentare l’efficienza della misura in particolare sul lato dei controlli, sulle priorità da dare a piccole e medie imprese, marchi collettivi e l’eligibilità di alcune spese (qui un resoconto più dettagliato).
Investimenti. Emerge chiara la necessità di avere una netta demarcazione con le misure già finanziate con lo Sviluppo rurale, che ha creato notevoli problemi in Spagna e Italia. Verranno poste in essere linee-guida europee.
Dop e Igp ed etichettatura. E’ il capitolo che sta più a cuore alla Commissione. Intanto, si nota come – nel passaggio verso i disciplinari consolidati – 143 Do e Ig hanno perso la protezione per mancanza di invio di documentazione nei tempi prefissati. Delle oltre 1.500 domande di protezione pervenute, la Commissione nota che la maggior parte presentavano irregolarità. La novità più sostanziosa è che nel “Pacchetto qualità” dovrebbero trovare posto non solo i vini varietali, ma anche i vini a marchio che sono riconosciuti dai consumatori come prodotti di alta qualità. Per loro si aprirebbe la porta della tutela europea.
Per quel che concerne l’etichettatura, la Commissione punta il faro sui vini varietali, che nel 2011 hanno rappresentato 4,6 milioni di ettolitri, il 68% dei quali spagnoli e il 20% francesi. Molti Stati, Italia in testa – si legge testualmente – sono recalcitranti nello sviluppare questo tipo di vini, escludendo la maggior parte delle varietà perché presenti in vini Dop. In particolare (e qui il riferimento all’Italia è palese) la legislazione europea mostra incoerenza per quanto riguarda l’indicazione della varietà di uva all’interno del nome di una Dop o Igp. Qui, oltre a creare una nuova categoria di “vini varietali”, dice la Commissione, urge porre mano alla modifica delle regole che sovrintendono l’utilizzo delle varietà di vite in etichetta.
Pratiche enologiche. Dando per scontato che tutte quelle introdotte nell’Ocm sono andate nel giusto spirito di dare ai produttori europei regole paritarie con quelli degli altri Paesi, la Commissione nota come sui vini dealcolati ci sia una diffusa disomogeneità tra Paesi: alcuni (Austria, Germania) hanno legiferato in materia, altri no. L’Europa dovrebbe pervenire a un regolamento comune, introducendo nuove categorie di vini (“vini dealcolati” o “parzialmente dealcolati”) in linea con la recente risoluzione dell’Oiv.
Un intervento armonizzatore infine si ritiene necessario per quanto riguarda il contenuto minimo di alcol, alla luce del fatto che – nonostante l’Oiv ponga come limite gli 8,5° – ci sono troppe eccezioni (vini aromatici, spumanti ecc.). Stesso discorso per il contenuto massimo, che varia a seconda delle zone di produzione.
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