Il resoconto statistico dell’Oiv consegna una fotografia assai diversa rispetto a un passato caratterizzato da una strutturale eccedenza produttiva in Europa. Così diversa da creare le premesse per una fisiologica condizione di carenza d’offerta, in contrapposizione tra l’altro con una tendenza alla crescita dei consumi mondiali, timonata dagli Usa e dal blocco dei Paesi emergenti. E sui mercati gli squilibri hanno già innescato forti tensioni sui prezzi
Tra estirpazioni e abbandoni si sono volatilizzati in Europa circa 280mila ettari a vigneto in un triennio. L’8% delle superfici vitate della Ue. Il resto l’hanno fatto le condizioni meteo sfavorevoli, che anche quest’anno hanno imposto uno stop al Vecchio continente determinando una riduzione della produzione vinicola del 10%. Il resoconto statistico dell’Oiv consegna una fotografia assai diversa rispetto a un passato caratterizzato da una strutturale eccedenza produttiva in Europa. Così diversa da creare le premesse per una fisiologica condizione di carenza d’offerta, in contrapposizione tra l’altro con una tendenza alla crescita dei consumi mondiali, timonata dagli Usa e dal blocco dei Paesi emergenti.
Vediamo meglio. Nella Ue – spiega l’Oiv – dai 157,2 milioni di ettolitri del 2011 la produzione vinicola (esclusi succhi e mosti) è scesa a 141,4 milioni. La Francia ha sperimentato una perdita del 17%, ma l’esito è stato pesante anche in Spagna e Italia, dove i conteggi restituiscono riduzioni rispettivamente dell’11 e di oltre il 6 per cento rispetto all’anno precedente. Ancora più profondo il “baratro” lasciato dalla vendemmia 2012 in Austria e Ungheria. In controtendenza invece Germania, Grecia e Portogallo, ma solo per una sorta di effetto-confronto con una situazione di scarsa produzione registrata nel 2011.
Su scala globale l’Oiv stima la vendemmia 2012 a quota 250,9 milioni di ettolitri, un livello classificato “molto scarso” dagli stessi analisti, che quantificano il calo, anno su anno, attorno ai 6 punti percentuali. Eppure, in alcune zone del globo l’ultimo esito vendemmiale ha lasciato agli annali risultati da primato storico. Così è stato in Usa, con 20,5 milioni di ettolitri (+7% sul 2011), e in Cile, balzato a quota 12,6 milioni di ettolitri, un livello che a distanza di dodici mesi è cresciuto del 20%. Hanno migliorato, rispetto al 2011, anche Australia (+4%, a 11,6 milioni di ettolitri) e Sudafrica (10 milioni; +8% circa). Brusco dietro front invece per le cantine argentine, che hanno accusato una perdita del 24%, a 11,8 milioni di ettolitri scarsi, con un “buco” piuttosto evidente anche in Brasile, dove l’ultima vendemmia è precipitata sotto i 3 milioni di ettolitri, facendo segnare una contrazione del 14%.
Sul fronte consumi, le indicazioni degli analisti convergono verso una graduale ripresa della domanda mondiale, che porta a stimare a 245,2 milioni di ettolitri il dato 2012, in crescita dello 0,6% su base annua. Quello che emerge, nel dettaglio, è una stabilizzazione del consumo europeo, con una tendenza favorevole in Francia, e una generale evoluzione positiva nel resto del Mondo. I livelli pre-crisi non sono ancora alla portata del mercato globale, ma è significativo il raggiungimento dei 29 milioni di ettolitri in Usa e la conferma del trend positivo in Cina, con i consumi vinicoli del Dragone lievitati del 9%.
Quanto alle superfici, negli ultimi dodici mesi in vigneto Europa ha subito un ulteriore ridimensionamento, collocandosi a 4.212 milioni di ettari (-0,8% rispetto a un anno prima), nonostante la cessazione dei premi all’estirpazione. Guadagna ettari, invece, il vigneto extra-europeo: la superficie viticola – spiega l’Oiv – si è portata a 3.363 milioni di ettari, facendo segnare una crescita dello 0,4% su base annua. Il bilancio globale porta dunque la superficie vitata a 7.575 ettari complessivi. Un risultato che, a causa del dato negativo europeo, certifica l’ulteriore erosione del vigneto mondiale (-0,2% su base annua), seppure a un ritmo più lento dopo il meno 0,9% del 2011.
Per quanto attiene agli scambi, il mercato vinicolo internazionale ha raggiunto l’anno scorso una dimensione fisica di 101,4 milioni di ettolitri, in lieve calo (-0,2%) rispetto al 2011. La più colpita è stata la componente sfusa delle esportazioni, che incorpora una minore disponibilità determinata sia dai cali produttivi che dalla riduzione degli stock mondiali. Alla luce di questa ulteriore evoluzione si è ridotta la quota degli scambi mondiali riconducibile ai primi cinque paesi esportatori dell’Ue (Italia, Spagna, Francia, Germania e Portogallo), passata dal 65,4 al 62,3 per cento. Di contro si portata al 28,2% (era al 25,7% nel 2011) la partecipazione dei principali paesi dell’Emisfero sud (in particolare Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda, Cile e Argentina), comprensiva della quota dell’export detenuta dagli Usa.
Intanto, nonostante la battuta d’arresto del 2012, l’Italia si conferma il primo esportatore mondiale per volumi, con oltre 21 milioni di ettolitri esportati, seguita dalla Spagna, con poco più di 19 milioni (-13%). A quota 15 milioni la Francia, che in controtendenza ha messo a segno però un aumento del 6% rispetto al 2011. Fuori dalla Ue, avanza a un ritmo modesto l’enologia a stelle e strisce, mentre spinge sul pedale dell’export l’accoppiata sudamericana Cile-Argentina, guadagnando quote soprattutto sul circuito degli sfusi. Sullo stesso segmento cresce a velocità sostenuta il Sudafrica, in un’annata che ha lasciato il segno più anche sulle vendite all’estero di Australia e Nuova Zelanda.
Dai prospetti di fine anno emerge infine una preoccupante chiusura della forbice produzione-consumo. Il differenziale tra le due variabili si è ridotto l’anno scorso ad appena 5,7 milioni di ettolitri, dai 23 milioni del 2011. E sui mercati gli squilibri hanno già innescato forti tensioni sui prezzi, anche in conseguenza di una generale difficoltà di approvvigionamento denunciata dall’industria sul circuito dei distillati di alcoli, vermouth e acquaviti.
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