Entrato in vigore per tutte le transazioni commerciali dal 1° gennaio di quest'anno, prevede 30 giorni di default, derogabili su accordo tra le parti oltre i 60. Ovviamente escluso l'agroalimentare, normato in modo più restrittivo dall'articolo 62
Dal 1° gennaio di quest’anno tutte le transazioni tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione passano sotto le regole introdotte dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, recante “Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180”.
Il decreto modifica la disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali contenuta nel dlgs 231/2002 che lasciava piena libertà contrattuale a tutte le parti in ordine alla pattuizione dei termini di pagamento e alle conseguenze del ritardo.
Sinteticamente, il nuovo dettato normativo prevede due tipologie di contratti.
Contratti tra imprese e Pa
Per quelli svolti tra pubblica amministrazione e imprese, il termine di pagamento è, di regola, di 30 giorni. Le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un diverso termine di pagamento quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione: il termine non può in ogni caso superare 60 giorni.
Per gli enti che forniscono assistenza sanitaria (ASL, aziende ospedaliere e policlinici) il termine ordinario di 30 giorni viene automaticamente elevato a 60;
In caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti, il debitore è tenuto a corrispondere interessi moratori (che decorrono senza che sia necessaria la costituzione in mora) su base giornaliera pari al tasso applicato dalla BCE alle più recenti operazioni di rifinanziamento maggiorato di 8 punti percentuali. Eventuali procedure volte ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto non possono avere una durata superiore a 30 giorni dalla data di consegna della merce o di prestazione del servizio, salvo che sia diversamente concordato per iscritto dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore.
Contratti tra imprese
Più vicino al nostro settore è l’ambito di applicazione che riguarda i contratti tra imprese. Considerato che l’agroalimentare è normato in modo più restrittivo dall’articolo 62, la norma del dlgs 192 deve intendersi applicabile a tutte le transazioni che non riguardino prodotti alimentari. Per il settore vino, tanto per fare esempi pratici, si parla di tutto ciò che le imprese acquistano dai propri fornitori di attrezzature e prodotti per vigneto e cantina: quindi si va dai fitofarmaci ai trattori, dai tappi alle botti per finire alle linee di imbottigliamento.
Il dlgs prevede che le parti possano pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a 30 giorni. Termini superiori a 60 giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
In caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti, il tasso degli interessi di mora può essere liberamente concordato tra le imprese purché non risulti gravemente iniquo per il creditore; in proposito il decreto prevede che una clausola che escluda l’applicazione degli interessi di mora è considerata iniqua e, di conseguenza, nulla. Anche in questo caso gli interessi decorrono senza che sia necessaria la costituzione in mora.
Come si calcolano i 30 giorni
La decorrenza di base dei termini di pagamento segue questi termini (sempreché non siano stati pattuiti termini più lunghi, come visto in precedenza):
a) 30 giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;
b) 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
c) 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
d) trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Sia per i contratti tra imprese che per quelli conclusi con la pubblica amministrazione, il decreto prevede inoltre che, in caso di ritardo di pagamento, i creditori hanno diritto, salva la prova dei maggiori costi sostenuti per il recupero, a un rimborso forfettario di 40 euro. Prevista anche la possibilità che le parti concordino termini di pagamento a rate: in questo caso, le conseguenze negative del ritardo devono essere calcolate esclusivamente sulle singole rate scadute.
Il rapporto con l’articolo 62 e le contraddizioni di Confindustria
Come già abbiamo avuto modo di scrivere sul Corriere Vinicolo, l’articolo 62 che norma le transazioni di prodotti agroalimentari è molto più restrittivo rispetto al dlgs 162, che recepisce tra l’altro una direttiva comunitaria. La possibilità di derogare ai 30/60 giorni stabiliti per legge non è mai stata presa in considerazione, sebbene a più riprese richiesta dal nostro settore. Dobbiamo registrare su questo punto che sul tema la filiera agroalimentare non è si è mai espressa in maniera univoca. Addirittura, all’interno di Confindustria, si è consumata una vera spaccatura tra i vertici: a ottobre, il presidente di Confindustria Squinzi, insieme a Sangalli di Confcommercio, chiesero a gran voce al ministro di cambiare la norma. Ma quando si arrivò al tavolo di trattativa, Federalimentare, la costola di Confindustria nel settore, insieme a Federdistribuzione, stupirono tutti, asserendo che l’articolo 62 non si doveva toccare.
Di qui, lo stallo odierno e la diversità di trattamento delle transazioni agroalimentari rispetto a tutto il resto. Cosa su cui le associazioni di categoria del nostro settore, Unione Italiana Vini in primis, stanno cercando tuttora di far pressioni sul ministero.
Articolo 62, passi avanti
Un breve aggiornamento intanto sulle altre questioni rimaste in sospeso per quanto riguarda l’articolo 62, ovvero la diversità di decorrenza termini per gli alcolici (data ricevimento merci inveche che ricevimento fattura) e le operazioni con l’estero soggette a clausola ex works. Le ultime riunioni al Mipaaf, a cui ha partecipato anche Unione Vini, sembrano andare nel verso giusto, ovvero si è recepita la disponibilità del dicastero di uniformare i termini per gli alcolici, facendoli decorrere dal ricevimento fattura, come per tutte le altre tipologie di beni. Per l’ex works, si prevede l’inserimento di una deroga nel decreto applicativo, che escluda questo particolare tipo di contratto, che sta creando non poche difficoltà nei rapporti con i clienti esteri.
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