Le varietà a bacca bianca, capitanate dal Catarratto, continuano a rappresentare la quota preponderante, benché in dieci anni la loro incidenza risulti notevolmente diminuita: dal 76% al 63%. Sono esplosi i vitigni francesi (Merlot, Syrah, Chardonnay), ma anche Grillo e Nero d'Avola risultano in crescita. In riduzione l'Inzolia
Le varietà a bacca bianca continuano a rappresentare la quota preponderante dei vigneti siciliani, benché dal confronto tra i Censimenti del 2000 e del 2010 la loro incidenza risulti notevolmente diminuita: dal 76% al 63%. Di fatto le uve di questo colore dominano solo a Trapani e Palermo (Agrigento nel frattempo si è spostata verso le varietà a bacca nera), dove occupano rispettivamente il 76% e 69% delle superfici. Ma le due province Nord-occidentali bastano per spostare l’ago della bilancia, perché Trapani da sola detiene il 59% dei vigneti regionali e Palermo un ulteriore 14%. Le varietà a bacca nera occupano invece il 53% delle superfici nell’Agrigentino, l’84-86 per cento a Ragusa e Catania e oltre il 90 per cento a Caltanissetta e Siracusa. (Stesso orientamento per colore anche a Messina ed Enna).
* L’uva di altro colore include Pinot grigio e le varietà rosate, secondo la classificazione del Registro nazionale delle varietà di vite
Se dunque la varietà più coltivata in Sicilia è il Catarratto bianco comune (che insieme al Catarratto bianco lucido, con un totale di 34.760 ettari, occupa il 33% del vigneto regionale), la seconda è il Nero d’Avola, con 16.340 ettari e il 16%. Segue, distanziato, un gruppo di vitigni che hanno superfici comprese tra 4 mila e 6.300 ettari, tra i quali compaiono nomi tipici della vitivinicoltura locale, Grillo, Ansonica/Inzolia e Grecanico dorato, ma anche gli internazionali Syrah, Chardonnay e Merlot. Lo stesso vale per il gruppo con superfici tra i mille e i tremila ettari, che vede vicini nella graduatoria Nerello Mascalese e Cabernet Sauvignon (2.630 ettari il primo e 2.850 il secondo), Zibibbo e Pinot grigio (rispettivamente 1.390 e 1.200 ettari), e così via, in un connubio tra tradizione e novità.
I cambiamenti intervenuti nell’ultimo decennio nella composizione del vigneto siciliano sono tra l’altro rilevanti. Il forte arretramento del Catarratto bianco comune, che nel corso di dieci anni avrebbe perso oltre 17 mila ettari (nel 2000 ne erano stati censiti più di 43 mila ettari) non ha compromesso comunque il suo primato: anche nel 2010, con 25.920 ettari, resta la varietà a bacca bianca più coltivata in assoluto in Italia. Invece ha rafforzato le sue posizioni il Catarratto bianco lucido, passato nel frattempo da 7.520 a 8.840 ettari.
Ancora più consistente la crescita degli impianti di Grillo, da 1.780 a 6.280 ettari, e Nero d’Avola, quest’ultimo seconda varietà più diffusa nell’isola già nel 2000, ma con solo 11.200 ettari, contro gli oltre 16.300 rilevati nel 2010.
Come anticipato, anche il drappello delle varietà internazionali ha conquistato nel frattempo posizioni. Il Merlot, di cui erano stati censiti nel 2000 poco più di 900 ettari, ha raggiunto 4.430 ettari, lo Syrah è passato da 790 a 5.280 ettari, lo Chardonnay da 720 a 4.860 ettari e il Cabernet Sauvignon da 700 a 2.850 ettari. Interessante anche la progressione del Pinot grigio e del Viognier. Le loro superfici, sostanzialmente irrilevanti nel 2000, contavano nel 2010 rispettivamente 1.200 e 1.080 ettari.
Intanto, nell’arco del decennio, oltre al Catarratto bianco comune, avrebbero perso posizioni anche l’Ansonica/Inzolia (-2.880 ettari), il Grecanico Dorato (-1.130 ettari) e il Nerello Mascalese (-1.630 ettari).
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Censimento Istat. Sui numeri in distribuzione al Simei, un’ampia rassegna delle varietà coltivate in tutte le regioni d’Italia, con il dettaglio provinciale e la segmentazione Dop-comuni e per colore
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