Il consumatore ha decretato il successo della Gdo e la crisi delle enoteche. Ma ci sono margini per fare ancora buoni affari, specie nel mercato dell’horeca. Che sta assumendo logiche simili a quelle dei grandi supermercati. – La relazione di Sergio De Luca, responsabile acquisti Italia e Bordeaux per Enotria World Wine, alla conferenza internazionale di SImei 2011
“Lavorando nel settore vinicolo mi trovo spesso a colloquio con persone che mi chiedono invariabilmente come muoversi fra le centinaia di vini in esposizione nei vari supermercati. Attenzione: non mi chiedono di dare loro suggerimenti su dove andare a comperare il vino, il loro interesse è quello di avere una scelta nei supermercati nei quali abitualmente fanno la spesa. Nel mercato moderno britannico il vino rappresenta un acquisto di convenienza dove le bottiglie sono comprate al supermercato per essere consumate a casa, o fanno parte della spesa settimanale. Devo concludere che è per questo che i supermercati britannici sono responsabili del 55% delle vendite di vino oggi in UK (83 milioni di casse). Sono le abitudini del consumatore che hanno cambiato il mercato. Queste abitudini stanno definendo sempre di più la distribuzione”.
Così inquadra il mercato britannico degli anni 2000 Sergio De Luca, responsabile acquisti Italia e Bordeaux per Enotria World Wine, che ha dedicato la sua relazione all’evoluzione della figura dell’importatore alla luce dei cambiamenti recenti del settore, stretto tra crisi economica e mutamenti delle abitudini d’acquisto.
“Il consumatore non ha tempo a disposizione – ha infatti proseguito De Luca – quindi cerca il negozio che conosce, sceglie il vino che conosce, se quest’ultimo è in promozione probabilmente raddoppia l’acquisto. Per questo ha bisogno di piccoli aiuti, come un posto appena fuori città con parcheggi ampi e facili, meglio se annessi ai centri commerciali. Questa situazione ha contribuito allo sviluppo dei supermercati nei confronti dell’enoteca o del classico negozio di gastronomia. Il colosso supermercato offre una gamma, magari non eccessiva in questi anni un po’ difficili, ma è il ‘pacchetto’, su un cliente senza tempo, che crea il divario. L’enoteca, vista in passato attraverso vari brand, tipo Thresher, Victoria Wine, Wine Rack, Oddbins, non è in grado di competere su questi fronti ed è per questo che ha sofferto fino in certi casi a scomparire. Non è che l’indipendente sia sparito, solo che fa parte di una fetta di mercato molto sottile. Nel comparto Horeca troviamo una situazione che io definisco embrionalmente simile, come vedremo in seguito”.
Recessione: che cosa ha portato
Dalla fine del 2007 ci troviamo in un mercato molto turbolento. In Gran Bretagna la recessione ha colpito tutti i settori del mondo del vino. Nella grande distribuzione si è incrementata la potenza di acquisto di pochi, vedi Tesco, Asda, Sainsbury’s, Morrison e in maniera minore Marks & Spencer e Waitrose. Questi, attraverso varie acquisizioni, dominano a livello capillare sia in città con i piccoli negozi all’angolo, sia nei grandi stores fuori città. “Penso che sia praticamente impossibile per un cittadino britannico non fare la spesa settimanale in una di queste sei compagnie. Tutti questi supermercati cercano di incrementare i loro margini e nello stesso tempo di aumentare i volumi. In tempi difficili purtroppo la filiera tende ad essere sbilanciata nei confronti della parte finale. Il resto del settore, e parlo di qualche cash & carry, di qualche catena di piccoli negozi, enoteche, indipendenti, continua a lavorare, ma l’importanza nelle percentuali è relativa”.
La tendenza è dare al consumatore un servizio (esempio vino), ma a differenza del passato, dove ognuno giocava un ruolo di educazione sul prodotto stesso, al giorno d’oggi la parola d’ordine è il prezzo, che deve essere competitivo e creare valore aggiunto alla vendita. “Questo – ha proseguito De Luca – ha portato alla continua tensione del prezzo al dettaglio, ma assicurando margini incrementali al business. Cosa significa ciò? Il supermercato sta deliberatamente ponendosi come l’interlocutore di preferenza al grosso gruppo vinicolo, gode del numero di clienti e cerca prodotti in regime di semiesclusiva, quindi etichette proprie o marchi del produttore ma in totale esclusiva sul mercato in cui operano. Penso che questo sia un caso tipicamente britannico, ma la dice lunga sul mercato in cui operiamo”.
Cosa fa allora l’agente in questa situazione? “Da una parte si limita a essere il portavoce del produttore e magari si specializza in un’area (noi di Enotria per esempio sull’Italia), creandosi un network personalizzato, ma dall’altra offre il servizio di supporto al produttore per il controllo degli stoccaggi, delle promozioni e della produzione. Praticamente diventa il produttore nel mercato di arrivo. Fin dagli anni Novanta, una delle nostre strategie più di successo è stato il creare partnership strategiche con i produttori, come joint venture. Anche in questi casi il comune denominatore che muove queste risoluzioni rimane l’ottimizzazione dei costi”.
Il settore ristorazione
Anche nel settore ristorazione assistiamo a un’evoluzione nelle grandi catene. “L’indipendente, magari etnico che comandava sia le zone centrali delle città che i sobborghi, sta scomparendo e quelle locazioni vengono acquisite, direi fagocitate dai gruppi nazionali. Abbiamo situazioni dove Gondola gestisce più di 600 ristoranti, fra cui Pizza Express; Prezzo possiede più di un centinaio di ristoranti, ma abbiamo anche multinazionali come Pizza Hut, poi gruppi di minori dimensioni ma che rivestono importanza coma Carluccio (Etnico Italiano), La Tasca (Spagnolo), Cote (francese). Questi gruppi, dicevo precedentemente, danno l’idea a livello embrionale di assumere le sembianze tipiche dei compratori della grande distribuzione, con centralizzazione degli acquisti; strutture abbastanza semplici, ma con potere di acquisto molto interessante. A farne le spese sono gli indipendenti”.
Il ruolo nuovo dell’importatore
Come si sta evolvendo il ruolo dell’importatore nella distribuzione attuale? “In questo campo – ha spiegato De Luca – posso citare l’esperienza di Enotria degli ultimi anni. Il nostro sviluppo si è incentrato più sul settore ristorativo, anche perché più redditizio rispetto alla Gdo. Il mercato è piatto, per cui l’unica maniera per incrementare vendite è l’acquisizione di piccoli distributori regionali. La forza del distributore è la presenza capillare dello stesso sul territorio. Dimentichiamo quindi la vecchia figura del grossista conoscitore della geografia locale e anteponiamo a quella figura il nostro team regionale con la stessa conoscenza ma supportato da un ufficio centrale che permette la consegna in tempi brevi e che può soddisfare i bisogni del ristoratore locale praticamente saltando un ramo della filiera”.
“Abbiamo anche contrapposto una piattaforma nazionale al magazzino regionale, in modo da limitare i costi al minimo indispensabile ed evitando problemi di frazionamento di stoccaggio. Tutto è globalizzato nell’ufficio centrale, che assicura non solo il marketing, ma anche la fatturazione, il preconfezionamento dei prodotti e la consegna alle piattaforme di spedizione. Da lì arriverà il nostro autista al mattino, che con tanto di sommario via computer saprà quante consegne ha da fare e dove farle. I costi alla fine riescono ad essere ottimizzati e questo beneficio va al cliente che acquisterà il nostro vino a prezzi molto ragionevoli”.
Per quanto attiene al settore ristoranti indipendenti, la tendenza negli ultimi anni è di globalizzare anche in questo settore: “Abbiamo visto una proliferazione di gruppi di ristoranti, piccole catene di 4/5 ristoranti, alcuni che arrivano ad una ventina, altri che si muovono più a livello nazionale. Anche qui si punta sull’ottimizzazione dei costi e sulla capacità del potere di acquisto: in certi casi, come ho detto in precedenza, si sono formate catene di centinaia e più ristoranti che si muovono nella stessa maniera dei supermercati”.
La prospettiva del produttore
“Il momento che stiamo passando è molto interessante. Siamo in un periodo di transizione dove i dogmi del passato sono posti in dubbio e l’immobilismo può creare grossi problemi. In passato ci potevamo nascondere, oggi siamo sul mercato ed è il mercato che ci ricompensa o sconfigge. I prodotti nel mondo vinicolo si muovono in due direzioni ben distinte: da una parte abbiamo i volumi, vini che cercano una collocazione competitiva sul mercato, con tutte le conseguenze del caso: quindi price point, ottimizzazione costi in agricoltura e produzione, ottimizzazione nella filiera, marketing strategico, promozioni ecc. Dall’altra parte del settore vedo l’interesse per prodotti legati alla geografia del territorio, alle loro qualità organolettiche, dove magari le vendite non saranno volumetriche, ma con valore aggiunto importante. Mi aspetto quindi un settore più moderno – ha concluso De Luca – dove la mia controparte quando mi propone un prodotto o un business abbia da dimostrarmi il perché. Sono finiti i tempi della telefonata e de ‘il mio vino è migliore di quello che hai in listino!’. Il punto è fare strategie e non vendite sul sensazionalismo”.
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