Dura reazione del Wine Insitute e di California Wine alla diffusione di uno studio dell’Università di Washington, secondo cui il livello di As riscontrato in diversi rossi statunitensi sarebbe dannoso per la salute
A fine settembre, una ricerca dell’Università di Washington aveva messo in guardia sul potenziale rischio per la salute dato dal livello di arsenico riscontrato in alcuni vini rossi prodotti negli stati di California, Washington, Oregon e New York.
In particolare – ne ha parlato The Drinks Business – sarebbero stati trovati, su 64 di 65 campioni di vino analizzati, livelli di arsenico superiori a quelli considerati accettabili negli Stati Uniti per l’acqua potabile: cioè da 10 a 76 parti per miliardo (e in media di 24 parti per miliardo tra i campioni) quando il limite per l’acqua stabilito dalla US Environmental Protection Agency è di sole 10 parti per miliardo.
Pronta e decisa la risposta dell’associazione di viticoltori California Wine, secondo cui tutti i vini in vendita negli Stati Uniti sono del tutto sicuri e i consumatori possono berli senza alcuna preoccupazione. Ancora più perentoria la reazione del Wine Institute of California (WIC) che ha definito questa ricerca propaganda dettata da scopi monetari, aggiungendo che la metodologia di analisi adottata dai ricercatori dell’University of Washington sarebbe “discutibile” e che le conclusioni cui gli stessi sono arrivati contraddirebbero studi precedenti.
La – presunta – presenza di livelli di arsenico nel vino dannosi per la salute era già stata oggetto nel mese di marzo scorso di una class action, presentata presso un tribunale della California a seguito di alcune analisi fatte in un laboratorio di Denver (ne avevamo parlato qui): anche in questo caso il Wine Institute of California aveva rassicurato i consumatori americani, dichiarando che non vi sono basi scientifiche per applicare i limiti stabiliti per l’acqua potabile al vino.
FEB
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