Temperature e umidità sono cambiate profondamente, trasformando alcuni habitat in passato non adatti al vino in spazi nuovi per impiantare vigneti o riconvertire produzioni. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, spiega con quale approccio e rigore scientifico si debba affrontare questa evoluzione
“Per l’enologo, in fondo, raccontare i vini è come descrivere tanti episodi della propria vita”. E a buon diritto può dirlo Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi e, come sottolinea lui stesso, “con 50 vendemmie alle spalle”. In questa lunga intervista pubblicata sul nuovo numero del Corriere Vinicolo abbiamo parlato con Cotarella del suo lavoro, di come sia cambiato negli anni e di quanto potrà ancora mutare.
“Noi enologi oggi dobbiamo avere una preparazione a 360°, dalla viticoltura all’enologia, alla degustazione, alla presentazione del prodotto in un mondo, come il nostro, sempre più aperto alla comunicazione”, spiega Cotarella, ben consapevole delle nuove sfide che il mondo vitivinicolo deve affrontare.
Una di queste è il cambiamento climatico, che sta imponendo alla viticoltura di adeguarsi, “più che in cantina nelle vigne”. Ma che dà anche l’opportunità di impiantare nuovi vigneti con esposizioni una volta impensabili e oggi invece utili proprio per mitigare gli effetti negativi del mutamento del clima. E un ruolo da protagonista potrebbero acquisirlo i vitigni autoctoni.
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