Conviene per un’azienda vinicola intraprendere la strada della quotazione? Ecco alcune premesse essenziali
L’annuncio di Borsa Italiana dell’avvio del progetto AIM Italia (Alternative Investment Market – Mercato alternativo del capitale) dedicato alle piccole e medie imprese riporta d’attualità il dibattito sull’opportunità per le PMI di raccogliere capitale azionario per la crescita e lo sviluppo. Claudio Zara, docente ricercatore dell’Università Bocconi, spiega ai lettori del Corriere Vinicolo quali sono le condizioni per accedere al mercato, soffermandosi sulla convenienza per un’azienda vinicola di intraprendere questa strada. L’accesso al progetto AIM Italia avviene attraverso il tutoraggio da parte di un nominated adviser (Nomad) che affianca l’azienda dalla fase di preparazione alla quotazione fino al termine della sua permanenza nel mercato. I requisiti da rispettare per la quotazione sono inferiori a quelli normalmente richiesti per la quotazione in Borsa e oggi la possibilità di disporre un nuovo canale di raccolta di capitale permetterebbe alle aziende del settore vinicolo di conservare lo storico orientamento verso un moderato ricorso alla leva del debito. L’opportunità deve però essere valutata con attenzione. Il business delle aziende vinicole ha generalmente caratteristiche poco attraenti per i mercati finanziari: ritorno economico solo sul medio e lungo periodo e presenza di un elevato capitale investito a bassa intensità di rotazione (il capitale fondiario e immobiliare). Si devono dunque adottare strategie che rendano le aziende più compatibili con questo sistema, compiendo ad esempio, prima di andare in quotazione, uno spin-off immobiliare e fondiario di tutte quelle attività non strettamente strumentali al business vinicolo così da “alleggerire” l’azienda operativa da beni che ne peggiorerebbero gli indicatori di performance reddituale. A conferma di ciò i risultati dell’Indagine sul settore vinicolo di Mediobanca del marzo 2012. Considerati due campioni, quello delle 107 principali aziende vinicole italiane e quello delle 15 principali aziende vinicole quotate (tra le circa 40 aziende vinicole oggi quotate nessuna è italiana), lo studio evidenzia che, rispetto al quoziente di intensità delle immobilizzazioni tecniche sul totale del capitale investito, le aziende quotate dimostrano una struttura più snella con uno scarto di circa 20 punti percentuali (l’osservazione riguarda il quinquennio 2006-2010). E’ poi necessario che prima della quotazione in azienda si avviino dei programmi di auto-formazione che sviluppino la consapevolezza di una decisione che avrà un impatto importante sulla vita aziendale.
Articolo completo sul Corriere Vinicolo n. 18 del 7 maggio 2012
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