Pervenute domande per 165.000 ettari, 25 volte in più rispetto al disponibile. Veneto e Friuli hanno chiesto più del vigneto in produzione
Per la seconda volta, e in maniera ancora più clamorosa rispetto al 2016, le richieste di autorizzazioni per nuovi impianti hanno superato il limite dell’1% a disposizione, pari a 6.500 ettari, per attestarsi alla mostruosa cifra di 165.000 ettari, 25 volte in più. A confronto, i 66.000 ettari richiesti l’anno passato sembrano bazzecole, se si considera che regioni come il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si trovano con richieste di impianti non solo superiori al plafond disponibile, ma al vigneto in produzione in essere: in Friuli, le 1.500 richieste pervenute hanno messo insieme 29.000 ettari, 5.000 in più del vigneto in produzione, mentre in Veneto le 7.200 domande sommano 91.000 ettari di vigna, 4.000 in più della superficie a vite del 2016.
Casi clamorosi, anche se praticamente in quasi tutte le regioni si è andati oltre la soglia non solo disponibile, ma anche di quel rapporto di 3 volte utile a non far scattare la clausola – se prevista in regione – di tagli lineari, ovvero applicazione di limiti massimi a domanda.
Che le modifiche apportate con il decreto ministeriale di gennaio non abbiano arginato all’origine la fiumana è un dato di fatto, ma tutto era preventivato, visto che molte erano state le critiche piovute sull’amministrazione, anche da parte di Unione Italiana Vini, per non aver approntato un efficace meccanismo di selezione all’ingresso, capace di scremare le domande a livello territoriale privilegiando le colture poste in zone di qualità.
Ancora oggi non sono noti i dati delle origini delle richieste per coltivazione, ma come successo nel 2016, dove il 90% proveniva da terreni a seminativo, è più che probabile che si assisterà a un bis.
Ora, la palla passa alle amministrazioni regionali, che sulla base dei dati definitivi di ammissibilità dovranno applicare – se previsti – i criteri di priorità e i limiti massimi a domanda.
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