Il bilancio dei primi nove mesi 2014 sorride solo ai cileni, che raccolgono i frutti degli accordi commerciali siglati in Oriente. E ora aspettano con trepidazione l’azzeramento dei dazi in America, operativo da gennaio, che dovrebbe dare nuova benzina a una macchina che stava incominciando a mostrare segni di stanca. Gli altri? A parte i neozelandesi, si vivacchia
Aspettando il dato italiano, che comunque si avvia a chiudere settembre con poca gloria, le performance dei nostri competitor in giro per il mondo risultano alquanto opache. Specchio di quanto visto commentando i dati dei maggiori importatori, che messi insieme disegnavano una linea abbastanza piatta.
La Francia fatica ancora a riprendersi dai ceffoni presi da Bordeaux in Cina e di riflesso in UK, anche se un qualche segnale di miglioramento incomincia a cogliersi, in relazione ovviamente a un inizio d’anno disastroso. In ripresa le spedizioni di Champagne e dei varietali, dopo un 2013 che sembrava aver suonato la campana a morto per una tipologia su cui invece si era puntato tantissimo, specie fronte UK.
La Spagna, grazie a listini da fame sul lato sfuso, sta facendo piazza pulita dei competitor in ogni parte d’Europa, mentre a livello di imbottigliato è sempre il prezzo la leva usata dalla stragrande maggioranza delle bodegas per aprirsi i mercati, in primis quello cinese, dove le performance volumiche sono da capogiro.
Non brillano i primi nove mesi per gli americani, anzi settembre si è rivelato piuttosto avaro, virando al negativo. Tiene (e questo conta) il mercato canadese, ma peggiorano Londra e tutto il continente asiatico, dove i californiani stavano cominciando a mettere bandierine sempre più solide.
L’Australia si avvia ad archiviare l’ennesimo anno in passivo sul fronte dell’imbottigliato, aggravato da un peggioramento del quadro in Asia, dove si era sperato di dirottare il prodotto respinto dagli occidentali. Mentre i cugini neozelandesi paiono aver trovato la quadra e risolto i problemi causati dall’eccedenza produttiva, ritornando a quotazioni medie degne del prestigio che si erano creati negli anni.
Veniamo al Sudafrica: sul fronte export non ci sono particolari problemi, il rand debole aiuta a smaltire l’abbondanza produttiva, ma la situazione-Paese, con un’inflazione galoppante, è un’incognita che affardella le aziende, alle prese con altissimi costi di produzione e redditività in costante e preoccupante calo.
In Sudamerica, c’è chi piange e chi ride. Partiamo da questi ultimi, ovvero i cileni, che stanno facendo fruttare a pieno gli accordi bilaterali con Cina e Giappone e sono sulla rampa di lancio per sbancare di nuovo in America, dove i dazi verranno cancellati a gennaio. Notizia quanto mai provvida, visto che i nove mesi sul mercato a stelle e strisce non sono stati esaltanti sul fronte bottiglia, da leggersi come segnale di stasi per prodotti – come Cabernet Sauvignon e Carmenère – che necessitano più che mai di nuovi stimoli (le recenti spedizioni di massicce dosi di sfuso in UK, in scia a quanto fatto dagli australiani, sono ancora tutte da valutare come long term strategy).
Nuovi stimoli invece non hanno ancora trovato gli argentini, che intanto si sono visti soffiare il mercato Usa dello sfuso proprio dai più economici cileni, mentre sull’imbottigliato le uniche gioie arrivano da Londra, la cui crescita per regolarità e volume pare essere parziale consolazione a nove mesi disastrosi in Nordamerica. Anche per i Malbec, insomma, la revisione delle strategie si impone, in attesa di capire come (e se) evolverà il messaggio in Oriente.
Export gennaio-settembre 2014*
* Le variazioni percentuali si intendono sul corrispondente periodo del 2013. Sulla colonna valori, il dato è stato omogeneizzato in US$: per Francia, Spagna, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica si è lasciata la variazione annua originale calcolata sulla valuta locale
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