Per l'Italia valgono oggi 365 milioni di euro di export, l’8% del totale bottiglia. Cambiano i mercati, e con essi i consumatori. E in modo camaleontico i frizzanti italiani dimostrano di sapervisi adeguare. Forse prima di altri vini. Le anticipazioni del Focus che pubblicheremo sul Corriere Vinicolo del 19 maggio
Un valore più che raddoppiato nel giro di poco più di dieci anni, che li ha portati a pesare per l’8% sul totale export di vino italiano in bottiglia. Ma anche un allargamento delle piazze su cui sono oggi presenti in maniera consolidata e massiccia: nel 2000 più della metà delle spedizioni aveva destinazione Germania, mentre oggi Berlino pesa “solo” per il 36%, segno che altri Paesi sono diventati sempre più ricettivi a questa tipologia di vino.
Stiamo parlando di vini frizzanti, un patrimonio quasi esclusivo del nostro Paese, sia per i volumi prodotti che per la varietà, e che porta il nome di vini che hanno fatto e stanno tuttora facendo la storia dell’enologia italiana: Lambrusco, Prosecco, Bonarda, Gutturnio, le versioni frizzanti e vivaci della Barbera. E i nuovi piccoli grandi fenomeni, come il Pignoletto bolognese, l’Ortrugo piacentino, vitigno diventato recentemente Doc a sé (un caso più unico che raro), per finire con la schiera delle Malvasie emiliane o i Verduzzi del Triveneto.
A certificare che il prodotto frizzante “tira”, come sempre, sono i numeri: un export che vale 365 milioni di euro per 1,7 milioni di ettolitri. Il 2013 certifica una certa stabilità a valori, dopo una cavalcata ininterrotta dal 2000 al 2009, seguita da una leggera flessione nel primo anno vero di crisi internazionale (2010), per ripartire a razzo l’anno seguente. Stessa musica sul lato volumi, dove tra l’altro gli ultimi due anni scontano un calo che ha accomunato anche i vini fermi in bottiglia, causa vendemmie scarse, e il fatto che molti produttori, specie in zona Prosecco, hanno dirottato molto prodotto verso il più redditizio spumante.
Questa grande spinta alla frizzantatura (e in generale a far rifermentare) ha cambiato negli anni anche la composizione delle nostre esportazioni in bottiglia: tutti e tre i segmenti – fermi, spumanti e frizzanti – crescono, ma cambiano i pesi percentuali. Nel 2000, i vini fermi rappresentavano oltre l’80% del volume venduto sui mercati internazionali, mentre i frizanti stavano al 10%. Tredici anni dopo, sotto la spinta propulsiva dell’universo con le bollicine, i frizzanti si portano al 12% e gli spumanti al 15%, portando via bel 9 punti percentuali ai vini fermi. Identica la musica sul lato dei valori: nel 2000 i vini fermi stavano all’85%, 13 anni dopo scendono al 76%, con i frizzanti che passano quota 8% (+2 punti circa) e gli spumanti al 16%, quota praticamente raddoppiata.
I mercati
Nel 2000, più della metà del fatturato della categoria proveniva da un solo Paese: Germania. Se a questa aggiungiamo gli Usa, dove ai tempi spopolava il solo Lambrusco, si arriva al 70% del totale, con prezzi attorno agli 1,60 e 1,35 euro al litro rispettivamente. Tredici anni dopo, pur essendo ancora Berlino e Washington le principali destinazioni, i loro pesi sono nettamente ridotti: globalmente fanno il 53%, dovuti al ridimensionamento della Germania, scesa attorno al 36%, mentre il peso degli Usa è cresciuto di un punto (17%), cambiando nel frattempo anche la composizione degli acquisti: al Lambrusco, che resta comunque al top, si è aggiunto gradualmente il Prosecco, e la cosa si nota anche sui prezzi di vendita.
Tra 2000 e 2013, quindi, il ventaglio mercati dei vini frizzanti è stato ampiamente diversificato, con l’ingresso di nuovi Paesi, con portafogli potenzialmente più ricchi rispetto a quello tedesco. Questo ha sicuramente contribuito a rendere la categoria più “solida” dal punto di vista industriale, ma anche a diversificare l’offerta delle stesse aziende/territori. Tra i Paesi in forte crescita, dopo una fiammata spagnola, annoveriamo oggi Russia e Cina, dove stanno spopolando il Lambrusco e (specie a Pechino e Shanghai) il Prosecco.
Sul Corriere Vinicolo del 19 maggio pubblicheremo uno speciale Focus dedicato ai frizzanti italiani: performance in Italia e all’estero e le interviste ai Consorzi delle principali Dop.
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