Sbarcato lo scorso anno negli Stati Unti al grido di #rethinkgrocery, conta oggi più errori che guadagni. Un disastro, secondo il ceo di Schwarz, gruppo proprietario della catena tedesca
Nel 2016 Lidl annuncio il suo ingresso in Usa e l’intenzione di aprire ben cento punti vendita entro il 2018 (ne avevamo parlato qui). La notizia creò subito molto interesse nel settore e timore nei concorrenti. L’intento era quello di sbaragliare il mercato della gdo statunitense al grido di #rethinkgrocery.
Qualcosa (tutto secondo alcuni) sembra però non essere andato secondo i piani, tanto che la strategia americana di Lidl ha bisogno di essere largamente “ripensata”.
La questione è stata approfondita su Forbes da Brittain Ladd. Dati alla mano, in un anno Lidl ha aperto 53 punti vendita negli Stati Uniti, senza però riuscire nell’intento di minacciare gli affari degli alti attori locali della distribuzione organizzata.
Ladd cita anche una recente analisi della società di studi di mercato Catalina, secondo cui Lidl in Usa ha avuto subito capacità di attirare nuovi clienti con la leva dei prezzi bassi, ma non quella di fidelizzare la clientela, che tende a tornare preso alle precedenti abitudini d’acquisto.
Uno dei punti più neri del programma di espansione di Lidl in Usa sarebbe stato un’errata selezione dei punti vendita, posizionati spesso al di fuori dei centri commerciali e in luoghi scomodi e di scarso passaggio.
Forti critiche sono arrivate del gruppo Schwarz, proprietario della catena tedesca di discount. Il suo amministratore delegato, Klaus Gehrig, avrebbe addirittura parlato di disastro, sostituendo il ceo di Lidl Usa, Brendan Proctor, con Johannes Fieber.
Questa disfatta è stata paragonata alla simile esperienza di Tesco, che arrivò negli Stati Uniti nel 2007 per poi chiudere la sua esperienza americana solo pochi anni dopo (nel 2013), con una perdita di 2 miliardi di dollari. Si dice che anche la catena inglese abbia commesso errori paragonabili a quelli che stanno ora minando la fortuna di Lidl: cattivo posizionamento degli store, assortimento sbagliato e incapacità di fidelizzazione dei clienti.
FEB
Devi essere connesso per inviare un commento.