Riviste al rialzo le stime di ottobre: superati l’anno scorso 292 milioni di ettolitri (+17% sul 2017), un risultato solo a poca distanza dal record del 2004
Paolo Ferrante
La viticoltura mondiale sale sull’ottovolante, con la produzione che dal minimo da sessant’anni toccato nel 2017 è balzata l’anno scorso vicino al massimo storico, non molto distante dal record del 2004, grazie a un maxi recupero del 17%.
A snocciolare le cifre sono i servizi statistici dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oiv) che, nella stima di aprile, hanno alzato l’asticella della produzione vinicola globale a 292,3 milioni di ettolitri, grazie al “rebound” dei tre big mondiali, rappresentati da Italia, Francia e Spagna. Nel trio di testa la produzione – spiegano gli esperti dell’Oiv – ha cumulato un vantaggio del 13% rispetto alla media storica quinquennale. Un boom seguito a un’annata, quella del 2017, pesantemente compromessa dalle avversità atmosferiche, tra gelate, siccità e fenomeni temporaleschi di fine estate, che i cambiamenti climatici hanno reso di anno in anno più estremi.
I prospetti pubblicati nei giorni scorsi confermano le indicazioni iniziali diffuse a ottobre dall’Oiv, ma con numeri più robusti. Un risultato determinato anche dal maxi rimbalzo dell’output vinicolo nell’emisfero meridionale, con incrementi a doppia cifra nel 2018 in Cile e Argentina.
L’Italia, che mantiene saldamente il primato produttivo mondiale, si è arrampicata l’anno scorso a 54,8 milioni di ettolitri (+29% sul 2017), stima l’Oiv, staccando la Francia, seconda con oltre 49 milioni, il 34% in più rispetto alla vendemmia di un anno prima. Generosa l’annata anche per le cantine spagnole, che hanno raggiunto quota 44,4 milioni di ettolitri, mettendo a segno un progresso del 37%.
Va tuttavia evidenziato che non in tutti gli angoli d’Europa il clima è stato clemente, compromettendo al contrario le rese produttive sia in Grecia che in Bulgaria, rispettivamente con 2,2 e un milione di ettolitri, volumi che su base annua hanno ceduto il 15 e quasi il 17 per cento. Peronospora e muffe hanno dato filo da torcere ai viticoltori portoghesi che, con 6,1 milioni di ettolitri, hanno potuto comunque archiviare un risultato superiore alla media storica, pur cedendo il 9% anno su anno.
Fuori dal Vecchio Continente emerge un quadro composito che vede crescere del 2,6% la produzione in Usa, fissata a 23,9 milioni di ettolitri, esclusi succhi e mosti, conteggiati invece nei bilanci europei.
L’Argentina, quinto polo produttivo mondiale, ha sperimentato nel 2018 una crescita del 23%, mentre l’effetto confronto con una produzione particolarmente scarsa del 2017 ha accentuato il rimbalzo dell’output cileno, che anno su anno ha recuperato il 36%. In controtendenza sia la Cina, che con 9,3 milioni di ettolitri ha perso il 13,9% dei volumi 2017, sia il Sud Africa (9,5 milioni) con un meno 12%, mentre l’Australia con quasi 13 milioni di ettolitri (lo stesso dato del Cile) ha confermato i livelli produttivi del 2017.
Le stime sulla dimensione del vigneto mondiale replicano la fotografia del 2017, confermando un’estensione di 7,4 milioni di ettari. Gli elementi di dettaglio forniti dall’Oiv indicano un aumento di 5mila ettari in Italia, che sale a quota 702mila, e una situazione sostanzialmente invariata nel resto del Continente, con la Spagna che si conferma leader mondiale con 969mila ettari, tallonata dalla Cina con 875mila. Relativamente al Dragone, gli sviluppi degli ultimi dodici mesi evidenziano un netto rallentamento della dinamica espansiva sperimentata in un decennio. Ha interrotto invece il trend negativo la Turchia, dove le superfici vitate, dopo un calo protrattosi per quasi 15 anni, si sono stabilizzate nel 2018 a 448mila ettari.
Per quanto attiene ai consumi, a livello globale i dati, seppure incompleti, portano a stimare un lieve rintracciamento a 246 milioni di ettolitri, 700mila in meno rispetto all’anno precedente. Dinamica che gli analisti associano al calo delle disponibilità dopo la magra vendemmia del 2017 e al conseguente aumento dei prezzi sui mercati internazionali, fenomeno che in Europa è apparso particolarmente accentuato.
Il risultato peggiore, tra i venti maggiori paesi consumatori, lo archivia la Cina dove gli acquisti di vino avrebbero subìto, l’anno scorso, un taglio del 6,6% a 18 milioni di ettolitri. Pesante il bilancio anche in Regno Unito con un 3,1% di riduzione e un consumo di 12,4 milioni, mentre in Usa, primo consumatore mondiale, l’Oiv stima un lieve progresso (+1,1%) a 33 milioni di ettolitri.
Situazione grosso modo cristallizzata in Europa, dove si segnalano però miglioramenti in Spagna, per il terzo anno consecutivo, oltre che in Portogallo, Romania e Ungheria.
In Italia l’Oiv conferma un consumo di 22,4 milioni di ettolitri, il terzo più elevato dopo quello Usa e francese, con un pro capite di 43,6 litri, contro i 50,2 della Francia.
Intanto, le primissime indicazioni sulla vendemmia 2019 nell’Emisfero australe segnalano, nella view degli analisti, una generale diminuzione dei raccolti di uve, con forti riduzioni attese soprattutto in Argentina, Brasile e Cile.
A tenere a freno le rese sono state le alte temperature dell’estate australiana e la siccità soprattutto a spese dei vigneti sudafricani. Negative le prospettive anche in Argentina e Brasile, a fronte di un quadro complessivamente migliore in Nuova Zelanda.
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