La valorizzazione e la tutela del patrimonio viticolo attraverso la gestione sostenibile dei vigneti è stato l'argomento al centro del Convegno in occasione di “Abruzzo Vite&Co”
di Sebastiano Di Maria
Bolognano (Pe). La valorizzazione e la tutela del patrimonio viticolo attraverso la gestione sostenibile dei vigneti, è stato il tema cruciale su cui si è dibattuto, nella splendida cornice dell’azienda Zaccagnini a Bolognano (Pe), con alcuni tra i principali attori della filiera vitivinicola italiana, dopo un percorso che li ha portati a toccare con mano alcune delle realtà produttive dell’areale, come le aziende Borgo di Colloredo in Molise e Masciarelli nel teatino. Il Convegno, organizzato nell’ambito della manifestazione nazionale “Abruzzo Vite&Co”, giunta quest’anno alla sua seconda edizione, ha posto la sua attenzione su quelle che sono le moderne tecniche di gestione sostenibile dei vigneti, alla luce delle ultime ricerche scientifiche. Dal tavolo dei relatori si è levata la voce di Mario Fregoni, (Università Cattolica del Sacro cuore), che ha tracciato un quadro in chiaroscuro della situazione della vitivinicoltura mondiale, e dell’Italia in particolare. “La contrazione del Vigneto Italia e la diminuzione dei consumi interni sono fenomeni che continueranno ancora nei prossimi anni, mentre il futuro del nostro vino sarà al di fuori dei confini nazionali – ha spiegato il presente – l’unico modo di arrestare questa emorragia è la scelta di produrre vini giovani, come gli spumanti, di più facile approccio, cercando di portare la viticoltura verso i vecchi areali di produzione, quelli delle zone interne, dove ci sono sbalzi termici elevati”. La crescita nel nuovo mondo enologico poi, dove mancano tradizione e cognizione del terroir, ha rilevato ancora Fregoni, “impone la ricerca, attraverso la zonazione, di altri territori dove la vite, attraverso sistemi di allevamento e tecniche agronomiche meno impattanti, si prepari agli stress idrici, garantendone nello stesso tempo la salvaguardia”.
La gestione agronomica del suolo, e in particolar modo della matrice organica, sono stati i concetti sviluppati nell’intervento di Enzo Mescalchin (Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige), che si è soffermato sull’importanza della fertilità organica in un vigneto. “L’omologazione del sistema vite in Italia, attraverso inerbimenti nelle interfile e diserbo sulle file – ha spiegato il ricercatore trentino – ha creato compattamento del terreno, con conseguente perdita di polarità delle radici e quindi carenze idriche e difficoltà nutrizionali, oltre che la proliferazione di graminacee, con conseguente scarsa fertilità organica, tranne che nello stato superficiale”. Lo stesso, poi, ha posto l’accento sull’uso eccessivo di diserbanti per il controllo delle infestanti sulla fila, i cui residui si trovano nelle acque dopo molti anni, mentre ha definito l’organicazione e l’arieggiamento del terreno, pratiche agronomiche che garantiscono un’intensa attività microbica, tra cui le Micorrize che svolgono un ruolo di conservazione del suolo. Angelo Divittini, dello studio agronomico SATA, ha messo in risalto, invece, quelli che sono i principi di una potatura equilibrata, in ottica di longevità del vigneto e della qualità delle produzioni: “da evitare potature invasive, tagli rasi e grandi, causa di coni di disseccamento, intervenendo quando non sono presenti foglie e in base alla vigoria della pianta, meglio dopo le prime gelate e in periodo asciutti”.
Dopo una carrellata sulle cause e la gestione delle principali fitopatie, in particolare legno nero e flavescenza dorata, a cura di Rino Credi dell’Università di Bologna, la manifestazione si è conclusa con un’esortazione, da parte del professor Fregoni: “È necessario puntare su microzone, attraverso la classificazione di toponimi, esaltando il genius loci, stile cru borgognoni, evitando di indicare il vitigno in etichetta”.
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