Se ne è parlato in un recente incontro a San Martino in Tagliamento. La strada principale che il Consorzio sta percorrendo è quella, diplomatica, degli accordi internazionali e bilaterali
di Adriano Del Fabro
La tutela del Prosecco ha l’aspetto di un polipo dai mille tentacoli. O, almeno, è questa l’impressione che abbiamo avuto ascoltando l’interessante relazione tenuta a San Martino al Tagliamento (Pordenone), presso l’azienda vinicola Pitars, dal direttore del Consorzio di tutela, Luca Giavi, in occasione di un incontro su “La tutela del vino italiano: il caso del Prosecco”. L’intelligente azione di tutela nei confronti dell’Ue, messa a segno con l’ampliamento della zona di produzione al Friuli Vg, compreso l’aggancio territoriale con la località di Prosecco (Trieste), evidentemente, non è stata sufficiente a scoraggiare l’enopirateria.
«Essendo il Prosecco il vino di maggior successo al mondo, in questo momento – ha detto il presidente del Consorzio, Stefano Zanette, intervenuto all’incontro -, si capisce che è anche il più imitato. Per questo, io penso che dobbiamo continuare a mettere in campo azioni forti di tutela della Denominazione che rimane il primo obiettivo del nostro impegno, ancor prima della pur importante e necessaria attività di promozione».
Ma per realizzare una tutela efficace, bisogna affrontare mille insidie, ha detto Giavi. E non solo in giro per il mondo, ma pure in Italia e in Europa, dove non si può mai stare tranquilli. Negli anni scorsi, infatti, sono state avviate delle azioni legali contro aziende della Moldavia, di Hong Kong, del Brasile, dell’Australia, degli Usa e dell’Ucraina, ma anche dell’Italia, della Germania, della Spagna, della Francia e del Regno Unito. In questo momento è in corso un’azione legale contro un’azienda dell’Ucraina per concorrenza sleale. Ma la strada principale che il Consorzio sta percorrendo è quella, diplomatica, degli accordi internazionali e bilaterali. Il Prosecco, attualmente, è legalmente tutelato nei Pesi europei e nei 18 sottoscrittori dell’Accordo di Lisbona del 1958 che, nella primavera scorsa, è stato revisionato a Ginevra. Siccome poi esistono legislazioni diverse, da Paese a Paese, il Consorzio ha pure imboccato la via degli accordi bilaterali. Già realizzati quelli con gli Usa, la Moldavia, la Svizzera e, pochi giorni fa, con il Vietnam. Con India, Russia e Cina, sono stati avviati i primi contatti. Più difficile dialogare con Paesi come il Brasile o l’Australia dove, nel rispetto delle normative nazionali, è possibile coltivare l’uva Prosecco (dunque, l’uva ha lo stesso nome del vino).
Tra le collaborazioni nazionali e internazionali intessute dal Consorzio (Europol, Interpol, Agenzia delle Dogane, Corpo Forestale, agenti dell’Aicig), ha concluso Giavi, la più recente è l’adesione a Origin, potente coalizione mondiale dei Consorzi di tutela delle Ig, nata nel 2003, con sede a Ginevra. Origin, a cui aderiscono 400 organizzazioni di produttori e istituzioni provenienti da 40 Paesi, opera a livello locale e internazionale con campagne mirate ai responsabili decisionali, ai media e al grande pubblico, contribuendo a preservare la qualità e la tradizione dei vini provenienti da una determinata zona, favorendo al contempo lo sviluppo del settore produttivo e intensificando l’attività di tutela e controllo.
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