Presentazione ad Asti, presso il Polo Universitario Studi Superiori, dei risultati del progetto sperimentale WILDWINE. Obiettivo: valorizzare le specificità delle produzioni locali attraverso l'isolamento, la caratterizzazione e lo sviluppo di starter, in questo caso, per il vino Barbera d'Asti
Si chiama BBR38 il lievito vincitore di una singolare selezione dedicata alla Barbera d’Asti Docg.
È risultato proprio lui il preferito da produttori e operatori di settore che hanno partecipato mercoledì 30 marzo alla degustazione dei vini preparati da due diverse cantine con un paio di ceppi finalisti su uve provenienti da zono omologhe.
L’occasione è stata la presentazione ad Asti, presso il Polo Universitario Studi Superiori, dei risultati del progetto sperimentale WILDWINE, finanziato nell’ambito del 7° programma quadro europeo a supporto delle associazioni di PMI; l’obbiettivo era di valorizzare le specificità delle produzioni locali attraverso l’isolamento, la caratterizzazione e lo sviluppo di starter, in questo caso, per il vino Barbera d’Asti.
Missione compiuta. E così oggi il portabandiera dei vini del Monferrato può dire di possedere il primo lievito autoctono con l’impronta della zona di origine. Infatti la ricerca, sostenuta dal Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, era partita nel 2012 da uno screening sulla biodiversità di ceppi – erano 96 all’inizio della selezione – raccolti in tutta l’area di origine della Barbera d’Asti.
Le prestazioni riscontrate dai ricercatori durante le vinificazioni sperimentali, il prof. Vincenzo Gerbi e il prof. Luca Cocolin del DISAFA dell’Università di Torino, ma anche dai produttori che hanno eseguito le vinificazioni della vendemmia 2015, sono risultate particolarmente interessanti sia per la capacità del ceppo BBR38 – che sarà disponibile già dalla prossima vendemmia – di mantenersi attivo anche con livelli elevati di alcool, il che non guasta con le annate calde ormai ricorrenti, sia per l’attitudine a mantenere la produzione di SO2 spontanea al di sotto dei 10 mg/l, che lo rende appetibile anche per chi punta al controllo della solforosa. Teresa E. Baccini
Nella foto, da sin: prof. Luca Cocolin, prof. Vincenzo Gerbi, dott. Filippo Mobrici, presidente del Consorzio, dott. Maurizio Grasso, dell’ Enotecnica di Nizza M.to.
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