La più importante associazione di produttori e commercianti di alcolici del Regno Unito chiede al governo una misura temporanea per allentare la tensione nella supply chain e contenere l’aumento dei prezzi al dettaglio
Dopo che l’House of Commons ha bocciato, lo scorso 15 gennaio, l’accordo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europeapresentato dal governo presieduto da Teresa May, la Brexit senza accordo è un’ipotesi ritenuta sempre più probabile. Le conseguenze di tale soluzione del rapporto con l’Europa saranno (anche) per il mercato del vino molto importanti, come più volte suggerito dalla Wine and Spirit Trade Association (WSTA), che già a novembre aveva lanciato la campagna “don’t bottle it” per mettere in guardia dal “no deal scenario” (ne avevamo parlato qui).
Con lo stesso spirito, nei giorni precedenti al voto di Westmister, la stessa associazione di produttori e commercianti di vino e spiriti, ha chiesto al Governo di chiarire prima possibile i suoi piani doganali e che, in caso di uscita senza accordo, vengano sospesi temporaneamente, quindi per un periodo che va dai 6 a 12 mesi, tutti i dazi sul vino in ingresso, così da ridurre la tensione che si produrrebbe su tutta la supply chain (qui il comunicato di WSTA datato 11 gennaio). Una soluzione che – secondo la stessa WSTA – avrebbe un minor impatto sulle casse del tesoro rispetto alle spese che comporterebbe l’insaturazione di un sistema di riscossione per quei prodotti che ora entrano in UK senza pagare il dazio, e che conterrebbe la crescita non trascurabile del costo al dettaglio del vino importato.
La WSTA inoltre sottolineato che la Brexit no deal comporterebbe l’uscita per il Regno Unito dall’Excise Movement Control System (EMCS), il progetto comunitario atto a tracciare il commercio delle merci sottoposte a tariffe particolari, come gli alcolici, i tabacchi e i carburanti, portando ulteriori disagi al settore.
FEB
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