Nel paese sudamericano c’è crisi di consumo e calano le esportazioni, ma crescono gli investimenti nazionali e internazionali
L’industria vitivinicola argentina vive da alcuni anni una crisi strutturale, fatta di calo dei consumi, eccesso di offerta, calo delle esportazioni e bassa redditività (ne avevamo parlato qui).
Quella 2017 è stata la peggiore vendemmia mai registrata nel paese sudamericano, a causa di un clima avverso e delle patologie indi sviluppatesi (si veda qui in proposito).
La domanda interna di vino è calata nel 2016 vs 2016 del 10%.
Le esportazioni ristagnano ormai da cinque anni e gli ultimi dati indicano un leggero incremento (ma si tratta dell’1%) delle spedizioni 2016 in valore, consentito da una significativa crescita del prezzo medio, visto che l’export in volume è in calo del 2,9% sull’anno precedente.
Diminuisce intanto anche il numero di produttori, a svantaggio dei piccoli su cui pesa proprio la scarsa redditività. Secondo i dati ufficiali dell’Instituto Nacional de Vitivinicultura (INV) le cantine attive in Argentina nel 2016 sono state 864, mentre nel 2010 erano ben 984 (-12%). Da almeno tre è cominciato un processo che porta verso concentrazione del settore, intorno ai gruppi più forti, come ad esempio Peñaflor o Molinos Rio de la Plata.
Ebbene, in questo stato delle cose, c’è chi continua a investire nel settore, e si tratta d’investitori locali e stranieri. Un paradosso, secondo quanto scrive il giornalista Alfredo Sainz sulle pagine del quotidiano argentino di La Nacion (che citiamo via areadevino.com).
Sono recenti le notizie circa importanti acquisizioni, che valgono diversi milioni di dollari. La Nacion cita ad esempio la vendita della cantina Sottano (storico produttore di Malbec della Provincia di Mendoza) al gruppo argentino Vicentin, attivo oltre che nel settore del vino (con la controllata Vicentín Family Wines) anche in quello dei cereali e dei derivati, del biodisel, nella produzione di mangimi e di miele.
Molinos Rio del Plata, gigante argentino del settore agroalimentare, ha assorbito lo scorso anno, per 12 milioni di dollari, il 50% della cantina Viña Cobos, aggiudicandosi anche la collaborazione del noto enologo Paul Hobbs. Una partnership con Finca La Anita, altro produttore argentino di fine wine, è stata annunciata nelle scorse settimane dal gruppo multinazionale Origin Wines.
Ma la notizia più significativa è che il gruppo cileno Concha y Toro, tra i più importanti produttori di tutto il mondo, investirà 75 milioni di dollari nella regione di Mendoza, puntando sia sul mercato interno che sulle esportazioni.
Investimenti arrivano anche dalla Catalogna: la BD Bacatá, gruppo operante nel settore immobiliare, ha un progetto da 40 milioni di dollari per la regione di Valle de Uco (regione vitivinicola a sud ovest di Mendoza). L’impresario canadese Neal Neelands ha invece da poco inaugurato una sua cantina, costata 3 milioni di dollari, a Tunuyán (a sud di Mendoza).
Nella stessa regione di Tunuyán, il governo ha recentemente messo in vendita circa 7mila ettari di terreno coltivabile, precedentemente zona militare, particolarmente adatto alla coltivazione dell’uva, allo scopo di attirare investimenti che sostengano l’economia locale.
FEB
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