I vini siciliani non hanno nulla da temere al cospetto della competizione globale. Se gli addetti ai lavori sapranno cogliere il meglio che la Sicilia è in grado di offrire e valorizzare adeguatamente le denominazioni di origine il futuro dell'universo vitivinicolo siciliano sarà certamente roseo
di Antonio Longo
I vini siciliani non hanno nulla da temere al cospetto della competizione globale. Se gli addetti ai lavori isolani sapranno cogliere il meglio che la terra di Sicilia è in grado di offrire e valorizzare adeguatamente le denominazioni di origine il futuro dell’universo vitivinicolo siciliano sarà certamente roseo. E’ quanto è emerso in occasione della ventunesima edizione dell’Enosimposio, organizzato da Assoenologi Sicilia ed andato in scena a Sciacca. Tema dominante è stato “Sicilia, Francia e Spagna: la diversità è un valore, si cresce per confronto”, ispirato dalla volontà del direttivo del sodalizio di rivolgere l’attenzione anche oltre Stretto, ossia confrontare la propria esperienza con quelle maturate in altre realtà europee.
“Dal punto di vista qualitativo – ha sottolineato il presidente di Assoenologi Sicilia, enol. Giacomo Salvatore
Manzo – i nostri vini hanno tutte le caratteristiche per ottenere delle ottime performance, non meno di quelle dei nostri concorrenti. Quello che spesso manca è un lavoro di progettazione attraverso il quale strutturare un corretto approccio al mercato. Il 21° Enosimposio ha dimostrato, ancora una volta, che la Sicilia produce vini di eccellente qualità ma, peccando un po’ di presunzione, talvolta si dimentica che non basta fare un buon vino per venderlo. Serve un impegno costante sul mercato, una persistente azione in comunicazione ed una conoscenza approfondita delle dinamiche internazionali. Per questo le parole chiave dell’Enosimposio 2015 sono state confronto e cultura”.
A moderare il dibattito è stato Lucio Monte, direttore generale dell’Irvos, il quale ha delineato lo scenario vitivinicolo siciliano, notevolmente mutato negli ultimi decenni: “In passato erano presenti più cantine sociali, oggi si assiste alla crescita di piccole – medie imprese che puntano molto sulla qualità. Anche grazie al determinante supporto di enologi sempre più preparati i mercati internazionali stanno premiando gli sforzi profusi dalle nostre parti”.
Focus sulla Sicilia Occidentale e … su quella Orientale
Giacomo Spanò, direttore di produzione delle Cantine Europa, ha fatto il punto sulla situazione vitivinicola nella Sicilia Occidentale. “In Sicilia la superficie vitata è in costante diminuzione, dal 2000 al 2015 nella solo provincia di Trapani è scesa del 14% (gli ettari vitati sono oggi circa 60.000, n.d.r.),in quella di Palermo del 23% – ha spiegato l’enologo – è importante puntare con forte determinazione sulla valorizzazione legata alle diverse vocazioni territoriali, senza mai tralasciare i profili legati all’impatto ambientale, sfruttando a dovere le biomasse. In ogni caso, deve essere sempre il territorio a trainare le aziende che sono chiamate ad individuare un’unità di intenti, necessaria per presentarsi con maggiore forza sui mercati internazionali”.
Maurizio Maurizi (Tecnico F.T.A.) ha fatto altrettanto per la Sicilia Orientale, area caratterizzata da diversi climi. Anche in questa zona è evidente la diminuzione degli ettari vitati. “Allo stesso tempo, però, si riscontra un aumento della produzione di vino IGP e DOC/DOCG con conseguente valorizzazione di alcuni territori, come le zone dell’Etna e di Vittoria – ha evidenziato l’enologo – inoltre, sono in crescita i volumi di imbottigliato mentre è in forte calo la quantità di sfuso. Si deduce agevolmente la necessità e l’importanza di puntare sulle denominazioni per proporre il nostro vino nel mondo”.
L’importanza di chiamarsi Doc Sicilia
Ad “unificare” le diverse zone di produzione isolane ci ha pensato la Doc Sicilia. Ad illustrare i risultati sino ad oggi raggiunti ci ha pensato Carlo Alberto Panont, consulente tecnico del Consorzio. “Con 2600 viticoltori associati, 9.300 ettari rivendicati, 500.000 ettolitri (dato medio delle ultime tre vendemmie) e un aumento di 5.171.656 bottiglie nel 2014 rispetto all’anno precedente (+32,2%), il Consorzio Doc Sicilia rivendica l’importanza di fare squadra per presentarsi sul mercato più forti e propositivi – ha dichiarato Panont – dobbiamo lavorare per dare concretezza alle nostre proposte e per fare crescere un forte brand territoriale. Il futuro sta certamente nelle denominazioni. Il seme
è stato lanciato, adesso bisogna coltivarlo con particolare cura”.
Cosa succede in Francia e Spagna?
Delineato il panorama vitivinicolo siciliano, il focus si è spostato sui “cugini” francesi e spagnoli. “E’ francese il 16% del vino consumato nel mondo, – ha esordito Fèdèric Vanneyre, responsabile Agenzia Marketing Vini Pole – il fatturato dell’export per il 2013 ha registrato un importo complessivo di 7,6 miliardi di euro, per 13,7 milioni di ettolitri venduti. Anche in Francia si registra una diminunzione della produzione di vini da tavola mentre sono in aumento le produzioni certificate. Negli ultimi anni è mutata la composizione dei consumatori di vino, infatti sono in aumento i giovani che si avvicinano al mondo del vino, in passato “allontanati” a seguito di campagne anti alcol allestite dalle istituzioni”.
Ana Martin Onzain, della Bodega Oliver y Conti, ha fornito il suo contributo per conoscere più in dettaglio la realtà spagnola: “La Spagna esporta 22 milioni di ettolitri di vino di cui la metà, però, è venduto sfuso. Tale trend ha fatto in modo che i volumi aumentassero a discapito dei prezzi. Per rispondere alla crisi, la Spagna sta oggi cercando di puntare sull’export e sulla differenziazione, recuperando varietà autoctone che si stavano perdendo, e sull’enoturismo”. Un mix di dati e statistiche che hanno lasciato spazio ai gusti ed ai sapori del vino durante la degustazione guidata di ben 25 vini tra produzioni siciliane, francesi e spagnole svoltasi presso le Cantine Feudo Arancio.
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