“Stiamo comunque esaminando tutte le opzioni e facendo un approfondimento ad hoc con tutte le organizzazioni di settore per capire se ci sono cose che non vanno”. Così il ministro in occasione della conferenza di bilancio di governo
Un bilancio delle azioni attuate nel 2012 e uno sguardo alle prossime sfide che l’agroalimentare italiano dovrà affrontare nel 2013 a livello nazionale e comunitario. Questi gli argomenti al centro dell’intervento del ministro Mario Catania nella conferenza stampa di bilancio sull’anno di governo appena trascorso. Un’occasione per fare il punto anche sull’art. 62 che tanto ha animato la filiera nell’ultimo periodo e su cui il ministro è stato chiamato a rispondere ad alcune domande. “Nel 2012 – ha infatti illustrato il ministro – siamo intervenuti sull’articolo 62 e stiamo ora vedendo e monitorando i risultati e gli effetti della fase applicativa della norma. Allo stesso tempo, stiamo lavorando per la riscrittura delle regole di attuazione. Regole che devono essere meglio tarate sulle esigenze del settore. Sono sicuro che al futuro ministro lasceremo un lavoro già impostato”.
Sarà possibile inserire deroghe ai 60 giorni previa intesa tra i contraenti, come previsto tra l’altro dalla direttiva europea 2011/7 e dal dlgs 192/2012? A questa domanda il ministro ha risposto che l’orientamento attuale è per il no. “Stiamo comunque esaminando tutte le opzioni – ha aggiunto – ma su questo tema specifico, allo stato attuale delle cose, l’orientamento che abbiamo, anche alla luce delle valutazioni giuridiche, è che non sia possibile una posizione di questo tipo nel decreto applicativo. Ripeto, il lavoro continua e tutto sarà approfondito al massimo”.
Tra le preoccupazioni della filiera, anche il fatto che l’articolo 62 possa provocare una sorta di credit crunch tra le imprese. “In questo momento – ha risposto Catania – non mi arrivano dal territorio particolari segnali di criticità, non mi vengono segnalati crolli negli ordini. La ristorazione, ad esempio, potrà orientarsi verso un restringimento del portafoglio e limitare le referenze a quei prodotti che si muovono più velocemente, ma sicuramente non rinuncerà ad approvvigionarsi di vino. Detto questo – ha specificato – per il settore vino si sta comunque facendo un approfondimento ad hoc con tutte le organizzazioni di settore: Federvini, Unione italiana vini, la Cooperazione e tutti gli altri. Questo lavoro ci consentirà di vedere se ci sono cose che non vanno. Onestamente, non credo che ci si debba fasciare la testa prima di rompersela, come si suol dire.
“Vorrei poi segnalare – ha proseguito – che più di un anno fa il rapporto tra aziende vinicole e ristorazione veniva citato come un esempio di uno scandalo che bisognava risolvere. E’ noto che si erano andati dilatando i temi di pagamento da parte della ristorazione e delle enoteche fino a 7-8-9 mesi in alcuni casi. C’era effettivamente la tendenza a fare cassa, a usare come bancomat il settore vini. Quindi, proprio da quel mondo mi veniva anche la richiesta di un intervento sull’articolo 62. Poi, dopo, c’è stato un attimo di sconcerto perché forse qualche operatore si è allarmato, ricevendo dai propri clienti determinati segnali. Ora, è ovvio ed evidente che in una realtà così complessa come quella su cui incide l’articolo 62, con centinaia di migliaia di operatori e milioni di transazioni l’anno, arrivino dai territori possibili questioni e segni di malessere. Tuttavia – ha concluso – non traiamo conclusioni affrettate nel senso di un possibile disastro per le aziende”.
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