Guardiamo il passato in chiave critica e non nostalgica, per portare il meglio del passato nel futuro. Un impegno in primo piano nella lotta allo spreco
Di Fabiano Guatteri
Il nome di Massimo Bottura è associato all’Osteria Francescana, il suo ristorante insignito di tre stelle Michelin di Modena. Recentemente alla World’s 50 Best Restaurants Academy 2015 si è classificato secondo al mondo. E’ stato fra i membri della giuria del S.Pellegrino Young Chef 2015. La sua cucina – come ci racconta lui stesso in apertura di questo incontro è “una cucina di memoria, sorretta dalla cultura, proiettata verso il futuro: guardiamo il passato in chiave critica e non nostalgica, per portare il meglio del passato nel futuro”. E la memoria è proprio uno degli ingredienti del piatto che Bottura ha dedicato a Expo: pane, latte e zucchero.
Qual è il significato di questo piatto?
Pane, latte e zucchero è il piatto che ha ispirato l’artista Mimmo Paladino nel riprodurre la ciotola per la vetrata d’ingresso del Refettorio Ambrosiano (vedi box): una ciotola di latte caldo con briciole di pane e un cucchiaio di zucchero che ti dà la sensazione dell’infanzia e del bambino. Era il mio piatto preferito quando andavo a letto; me lo preparava mia mamma. Pane, latte e zucchero è un piatto della memoria che ha un significato importantissimo. Dobbiamo guardare il passato perché dobbiamo prendere spunto, noi che abbiamo avuto la fortuna di vivere quei momenti con i nostri nonni, cresciuti con un certo tipo di mentalità, per proiettarci nel futuro perché non bisogna sprecare niente… proprio prendendo esempio dai nostri vecchi
Il tema di Expo – “Nutrire il pianeta” – ha visto un’imponente risposta da parte dei cuochi che hanno preso parte a iniziative dentro e fuori dalla struttura fieristica. Ritiene che la ristorazione abbia da dire e da dare in merito a questa tematica?
Direi proprio di sì e il mio progetto del Refettorio Ambrosiano parla proprio di questo; secondo me la prima risposta all’esigenza di “nutrire il pianeta” sta nel combattere lo spreco. Se tutti i grandi cuochi del mondo che stanno venendo in Italia a cucinare per Expo fornissero questo tipo di esempio, questo tipo di comunicazione, tantissimi ragazzini, tantissimi giovani cuochi verrebbero influenzati da questo messaggio molto etico.
In particolare, qual è stato il suo contributo all’evento?
Localmente ho organizzato insieme alla città di Modena 5 mesi di dibattiti e di eventi per sensibilizzare tutti sul tema di che cosa è l’Expo. Regionalmente abbiamo fatto un evento a Rimini che si chiama Al mèni (Le mani) portando i giovani più interessati a confrontarsi con gli artigiani dell’Emilia Romagna: in un week end hanno partecipato più di 62.000 persone. Nazionalmente abbiamo aperto Expo con Identità Expo cucinando i primi 3 giorni un menu totalmente a impatto zero, cioè non abbiamo sprecato un grammo di cibo, quasi a ciclo chiuso. Da un punto di vista spirituale invece abbiamo creato il Refettorio ristrutturandolo: è di una bellezza incredibile, perché non di solo pane si nutre l’uomo, e lo lasceremo in eredità alla città di Milano quando si concluderà Expo.
Ci sono in questo momento dei fermenti o dei segnali che possono far presagire come sarà la cucina del prossimo futuro?
Assolutamente sì, la tecnologia rimane sempre quella e continua a essere tecnologia. Quindi la tecnologia serve per continuare a evolversi perché non possiamo rimanere ai fornelli dei nostri nonni e delle nostre nonne. Possiamo prendere spunto da loro per poi proiettarci nel futuro attraverso una mente contemporanea. L’idea della tecnologia del futuro ha sicuramente una grandissima etica, affiancata all’estetica. Quindi non è più solo un discorso di estetica nel piatto ma anche una grande etica.
Quando si parla di ristorazione, si intende non solo carta dei cibi, ma anche dei vini. Che ruolo gioca attualmente il vino nella composizione di un menu?
Io ho sempre dichiarato che per me la sala, per cui anche il vino, vale più del 50% del ristorante. Perché la sala ha il contatto diretto con il pubblico e se si mangia in un ristorante un grande menu, ma il servizio è pessimo, non si torna più. Se si mangia un menu discreto con un servizio eccezionale, ci si torna molto volentieri.
Questo è l’approccio. Il vino è fondamentale perché l’esperienza di un grande ristorante non è solo il cibo, è l’accoglienza, è il sorriso, è il fatto di abbracciarti, coccolarti, completare l’esperienza gustativa attraverso il vino. Questo secondo me è una cosa fondamentale che va messa in evidenza sempre.
Negli ultimi decenni, nell’ambito enologico abbiamo assistito a diverse evoluzioni del gusto: come sarà il vino del prossimo futuro?
Il vino del futuro sarà un vino buono. Si andrà sempre di più alla ricerca dell’espressione del territorio, dei micro-sapori che possono essere espressi attraverso le uve autoctone e attraverso il terreno dove cresce la vigna; per me questo è esattamente dove va la cucina. La cucina va a riscoprire dei micro-sapori che possono arrivare da un muso o da un orecchio di un animale, il sentore della pelle e dell’animale che sono fondamentali.
Qual è il ruolo oggi della cucina italiana nel mondo?
Girando per il mondo ho visto una ristorazione italiana che ha un grandissimo rispetto e una grandissima apertura verso i vini italiani. Al Ristorante Italia a Istanbul abbiamo solo vini italiani e qualche etichetta turca, ma sarebbe molto interessante se i produttori di vini italiani studiassero qualche vino autoctono che si possa abbinare, per esempio, con la cucina nikkei peruviana (fusione delle tecniche giapponesi con gli ingredienti peruviani), con quella nordica o con la cucina giapponese. Cioè fare questo tipo di ricerca potrebbe diventare molto interessante soprattutto per i produttori.
Nei Paesi in cui non è consolidato il consumo del vino, come la Cina, i consumatori lo reggono molto poco, quindi lo assumono in poche quantità. Quindi bisogna andare con i piedi di piombo. Io credo che comunque in ogni posto in cui si vada la qualità paga sempre e permette ai nostri vini di abbinarsi alla cucina locale.
Il Refettorio Ambrosiano
Come la creatività combatte lo spreco
Nell’ex teatro annesso alla parrocchia San Martino nel quartiere Greco di Milano nasce un refettorio aperto alla solidarietà, in cui alcuni tra i migliori chef del mondo prepareranno menù – che saranno poi offerti ai più bisognosi – a partire dalle eccedenze alimentari raccolte ogni giorno a Expo. È l’iniziativa di solidarietà fortemente voluta dallo chef Massimo Bottura e da Davide Rampello, curatore del Padiglione Zero e del palinsesto eventi di Expo Milano 2015. Il progetto è sostenuto da Diocesi di Milano e Caritas Ambrosiana. Il Refettorio resterà in eredità alla Citta di Milano a chiusura di Expo.
Devi essere connesso per inviare un commento.